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Legambiente, oltre 1/3 di frutta e verdura contaminato da pesticidi

Pubblicato il: 01/02/2017
Autore: Redazione GreenCity
Legambiente ha presentato il rapporto sulla contaminazione da pesticidi nei prodotti ortofrutticoli e trasformati, che elabora i dati dei laboratori pubblici italiani.
Il tè verde fa bene alla salute. A meno che non risulti contaminato da un mix di ben 21 differenti sostanze chimiche. Anche le bacche vanno molto di moda nelle diete attuali, peccato che alcuni campioni analizzati dall’attento laboratorio della Lombardia contenessero fino a 20 molecole chimiche differenti. Residui chimici in quantità sono stati rinvenuti anche nell’uva da tavola e da vino, tutta di provenienza nazionale, contaminata anche da 7, 8 o 9 sostanze contemporaneamente. Sebbene i prodotti fuorilegge (cioè con almeno un residuo chimico che supera i limiti di legge) siano solo una piccola percentuale (l’1,2% nel 2015, era lo 0,7% nel 2014), tra verdura, frutta e prodotti trasformati, la contaminazione da uno o più residui di pesticidi riguarda un terzo dei prodotti analizzati (36,4%). 
Stop pesticidi, il dossier di Legambiente che raccoglie ed elabora i risultati delle analisi sulla contaminazione da fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e trasformati, realizzati dalle Agenzie per la Protezione Ambientale, Istituti Zooprofilattici Sperimentali e ASL, è stato presentato a Roma, nel corso di un incontro che ha visto la partecipazione di Maurizio Gubbiotti, presidente RomaNatura, Daniela Sciarra, responsabile filiere agroalimentari Legambiente e curatrice del dossier, Sara Di Lonardo, Cnr Ibimet, Danilo Marandola, Crea RRN, Luca Lazzeri, Crea Cin. Alla tavola rotonda sulle buone pratiche di sostenibilità agricola hanno partecipato: Beppe Croce, responsabile agricoltura Legambiente, Andrea Olivero, Vice Ministro Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Rossella Muroni, presidente Legambiente nazionale, Lucio Cavazzoni, presidente Alce Nero, Simona Caselli, assessore agricoltura, caccia e pesca Regione Emilia-Romagna, Maria Grazia Mammuccini, portavoce Coalizione italiana Stop Glifosato e Carlo Hausmann, assessore agricoltura, caccia e pesca Regione Lazio. 
Nonostante la crescente diffusione di tecniche agronomiche sostenibili, l’uso dei prodotti chimici per l’agricoltura in Italia rimane significativo. Sebbene la situazione tra il 2010 e il 2013 sia migliorata con un trend di diminuzione dell’uso pari al 10%, nel 2014 si è registrata una inversione di tendenza e il consumo di prodotti chimici nelle campagne è tornato a crescere, passando da 118 a circa 130 mila tonnellate rispetto all’anno precedente. In particolare, nel 2014, sono stati distribuiti circa 65 mila tonnellate (T) di fungicidi (10,3 mila T in più rispetto al 2013), 22,3 mila T di insetticidi e acaricidi, 24,2 mila T di erbicidi e infine 18,2 mila T di altri prodotti.
Nel complesso, l’Italia si piazza al terzo posto in Europa nella vendita di pesticidi (con il 16,2%), dopo Spagna (19,9%) e Francia (19%), piazzandosi però al secondo posto per l’impiego di fungicidi.
In positivo, però, va segnalata la crescita delle aziende agricole che scelgono di non far ricorso ai pesticidi e di produrre secondo i criteri biologici e biodinamici, seguendo forme di agricoltura  legate alle vocazioni dei territori, operando per salvaguardare le risorse naturali e la biodiversità grazie alla ricerca e all’innovazione.
La superficie agricola biologica in Italia, infatti, tra il 2014 e il 2015 ha registrato un aumento del 7,5%. 
Ancora una volta la frutta è il comparto dove si registrano le percentuali più elevate di multiresiduo e le principali irregolarità. Ma il massiccio impiego di pesticidi non ha ricadute significative solo sulla salute delle persone. Una maggiore attenzione deve essere rivolta anche alle ricadute negative sull’ambiente. Nuove molecole e formulati sono stati immessi sul mercato senza un'adeguata conoscenza dei meccanismi di accumulo nel suolo, delle dinamiche di trasferimento e del destino a lungo termine nell’ambiente. Occorre valutare meglio gli effetti in termini di perdita di biodiversità, di riduzione della fertilità del terreno, di accelerazione del fenomeno di erosione dei suoli.
Per le sostanze su cui non esiste ancora un parere unanime del mondo scientifico sui rischi, come per il famoso Glifosato, dovrebbe valere il principio di precauzione e il divieto di utilizzo.Tra le sostanze attive più frequentemente rilevate: il Boscalid, il Penconazolo, l’Acetamiprid, il Metalaxil, il Ciprodinil, l’Imazalil e il Clorpirifos,  sostanza riconosciuta come interferente endocrino, cioè capace di alterare il normale funzionamento del sistema endocrino e dannoso per l’organismo. 
Nel complesso, uva, fragole, pere e frutta esotica (soprattutto banane) sono i prodotti più spesso contaminati dalla presenza di residui di pesticidi.Circa un terzo dei campioni (30,1%) analizzati dal laboratorio del Lazio, contiene uno o più residui di sostanze attive. Si arriva a combinazioni di 21 residui in un campione di foglie di tè verde, di cui 6 superano il limite di legge (Buprofezin, Imidacloprid, Iprodione, Piridaben, Triazofos, Acetamiprid) e 14 residui in un campione di semi di cumino, di cui 9 superano il limite (Carbendazim,Esaconazolo, Imidacloprid, Miclobutanil, Profenofos, Propiconazolo, Tiametoxam, Triazofos, Acetamiprid).
Come già accennato, l’uva risulta tra i prodotti maggiormente contaminati: tutti i campioni (12) analizzati dai laboratori del Friuli Venezia Giulia presentano uno o più residui; in Valle d’Aosta si è registrata una irregolarità per superamento del limite ammesso di Clorpirifos, due campioni regolari con un residuo (Clorpirifos) e quattro campioni regolari ma con multiresiduo.
In Liguria in un campione regolare sono stati rilevati fino a sette residui (Boscalid, Ciprodinil, Clorpirifos, Imidacloprid, Metossifenozide, Pirimetanil, Fludioxonil) mentre in Puglia si è arrivati anche a 9. Situazione simile anche in Sardegna, dove l’uva da tavola risulta essere sempre contaminata da più residui, in Umbria (multiresiduo in 6 campioni su 7) e Veneto, che registra la presenza di multiresiduo nel 62,5% dei campioni di uva analizzati.
In Emilia Romagna risultano contaminate il 46,1% delle insalate e l’81,6% delle fragole (multiresiduo), mentre spiccano per numero di molecole presenti contemporaneamente un campione di ciliegie e uno di uva sultanina ‘in regola’ con 13 e 14 principi attivi. 15 le irregolarità rilevate: 8 su pere locali e 7 nel comparto verdura.
Cocktail di sostanze attive si trovano anche in Lombardia con due campioni di bacche provenienti dalla Cina con 12 e 20 residui, mentre irregolarità per superamento dei limiti massimi consentiti dalla legge sono state segnalate dal laboratorio abruzzese (per eccesso di Clorpirifos in 3 campioni di pesche). Anche la regione Sicilia presenta 6 campioni irregolari, uno nel comparto verdura (cereali) e cinque nel comparto frutta. La regione Puglia ha rilevato 20 irregolarità tra cui 6 su campioni di melograno provenienti dalla Turchia.

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Categorie: Green Life

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