“Il caso dei cinghiali radioattivi della Valsesia, in Piemonte, così come quello del Pellet radioattivo di qualche anno fa, ci riporta drammaticamente al disastro di Chernobyl del 1986. È fondamentale attivare controlli ferrei ed efficaci in Italia e in particolare su tutto l’arco alpino italiano, oggetto di una forte contaminazione radioattiva in seguito all’esplosione del reattore di Chernobly, e completare una mappatura della contaminazione ambientale presente in queste zone”, dichiara
Stefano Ciafani vice-presidente nazionale di Legambiente.
“Il Cesio 137, l’isotopo fuoriuscito dal reattore esploso dall’incidente di Chernobyl e caduto sui territori italiani, è infatti ancora presente in molti terreni e può concentrarsi in alcune specie vegetali e animali, come funghi e selvaggina. Per questo –
aggiunge Ciafani - è importante stringere la maglia dei controlli anche sui prodotti alimentari, perché la vicenda dei cinghiali ci ricorda che la coda avvelenata del disastro di Chernobyl non si è ovviamente esaurita”.
“La radioattività artificiale immessa nell’ambiente da esplosioni nucleari in atmosfera e poi dall’incidente di Chernobyl, si trova ancora in quantità apprezzabili in tutti i suoli del Piemonte – spiega
Fabio Dovana, presidente Legambiente Piemonte – La distribuzione territoriale nei suoli della radioattività artificiale è stata influenzata dalle precipitazioni: ciò vale in particolare per la radioattività dispersa a seguito dell’incidente di Chernobyl che, in Piemonte, costituisce più del 90% della radioattività artificiale presente nell’ambiente. E’ fondamentale avviare una grande campagna di informazione rivolta ai cittadini per evitare comportamenti scorretti a partire dall’alimentazione di prodotti che sono contaminati dalla radioattività”.
Legambiente, che lo scorso dicembre è stata impegnata in una nuova missione in Bielorussia con il suo
Progetto Rugiada a sostegno dei bambini colpiti dalle radiazioni dell’incidente, ribadisce inoltre l’importanza di maggiori controlli anche a livello europeo.
“Nelle zone dell’Ucraina e della Bielorussia – ricorda l’associazione ambientalista - si assiste a una politica volta a minimizzare le conseguenze ambientali dell'incidente nucleare, sia con l'abbassamento dei livelli di radioattività, ovviamente solo sulla carta, sia tramite la ripopolazione delle aree più pericolose e l'avvio di coltivazione in loco e allevamento del bestiame. Vale tra l'altro sottolineare come funghi e legname altamente contaminati, oltre che sul mercato nazionale, vengono esportati in modo incontrollato sui mercati europei”.
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