La frequenza di
precipitazioni estreme – eventi che possono causare
frane e
alluvioni, mettendo a rischio la sicurezza e la salute pubblica – è
aumentata a livello globale negli ultimi cinquant'anni, in parallelo con l'intensificarsi del
riscaldamento globale. A rivelarlo è un nuovo studio
pubblicato sulla rivista Water Resources Research e realizzato da studiosi della
University of Saskatchewan (Canada) e dell'
Università di Bologna. L'analisi ha preso in considerazione il numero di piogge estreme
nel periodo compreso tra il 1964 al 2013, mostrando come questi fenomeni metereologici siano
aumentati costantemente in tutte le aree considerate: Europa, Russia, Cina, Australia e vaste zone del Nord America.
Le precipitazioni estreme – intensi temporali con forti piogge concentrate in un tempo ridotto – possono rivelarsi particolarmente pericolose, causando
frane,
allagamenti e
inondazioni: eventi che provocano spesso anche
contaminazioni dei sistemi idrici con conseguenze drammatiche sulla salute pubblica. Si stima che tra il 1980 e il 2009 le inondazioni causate dalle piogge abbiano colpito
quasi tre miliardi di persone in tutto il mondo provocando
oltre mezzo milione di morti. E questi fenomeni sono spesso responsabili anche di danni all'agricoltura, agli edifici, alle strade e alle infrastrutture, con conseguenze estremamente rilevanti in termini sociali ed economici.
Per indagare il cambiamento nella frequenza delle piogge estreme nel corso degli anni, gli studiosi hanno preso in considerazione
più di 8.700 resoconti giornalieri delle precipitazioni raccolti da oltre 100.000 stazioni metereologiche di tutto il mondo. Un'analisi da cui per la prima volta è emerso come la frequenza di precipitazioni estreme tra il 1964 e il 2013 sia andata
progressivamente aumentando. Nell'ultimo decennio analizzato,
tra il 2004 e il 2013, il numero di piogge estreme a livello globale è stato
superiore del 7% rispetto a quanto previsto: una percentuale che cresce fino all'8,6% se consideriamo solo Europa e Asia.
Un trend di costate crescita che secondo gli studiosi
può essere messo in relazione con il riscaldamento globale causato negli stessi decenni dall'attività dell'uomo. Temperature più alte portano infatti ad un maggiore accumulo di acqua nell'atmosfera e di conseguenza ad una più alta frequenza di forti precipitazioni.
"Questi risultati possono essere spiegati considerando che il riscaldamento globale può indurre un maggiore accumulo di acqua nell'atmosfera", conferma
Alberto Montanari, professore di costruzioni idrauliche e idrologia all'Università di Bologna, tra gli autori dello studio. "Sapere che la frequenza delle precipitazioni estreme è in aumento può aiutarci a
trovare soluzioni efficaci per l'adattamento ai cambiamenti climatici: avremo sempre più bisogno di infrastrutture in grado di resistere a shock frequenti".