Coronavirus, Deloitte: la mobilità sta vivendo un periodo di grande incertezza
Deloitte: “La nuova mobilità richiede, oggi più di prima, una riflessione strategica per tutti i settori coinvolti”.
Autore: Redazione Greencity
La crisi dettata dalla pandemia, la nuova realtà del distanziamento sociale e il forte impatto sulla nuova mobilità costringono a ripensare la vita quotidiana e gli spostamenti. Lo studio di Deloitte, “From now on. Mobility Boost, si apre una nuova fase”, analizza le conseguenze più recenti sugli attori di questo settore e delinea gli scenari possibili per un comparto che rappresenta un tema strategico e di interesse anche per quei settori industriali non tradizionalmente legati alla mobilità. Le difficoltà attuali non risparmiano nessuno dei settori che ricoprono un ruolo lungo la value chain della nuova mobilità, a partire dell’Automotive che solo a marzo 2020 ha registrato un crollo delle immatricolazioni di autovetture nei principali paesi europei (Germania -38%, Spagna -69%, Francia -72% e Italia -85,4%), mentre a livello continentale più di 1,1 mln di lavoratori sono stati colpiti dall’arresto della produzione, con un impatto di oltre 1,2 mln di veicoli non prodotti a marzo 2020 (pari al 6,25% del totale dei veicoli prodotti nel 2019). Nell’ambito dei trasporti la crisi ha toccato l’87% delle aziende operanti nel settore, mentre per il comparto assicurativo c’è stata una forte riduzione dei rinnovi delle polizze auto (-23%) e nella sottoscrizione di polizze per auto nuove (-86,1%), oltre a un plausibile aumento della competizione sulle tariffe. Sul fronte degli operatori di nuova mobilità, tutti sono stati colpiti a loro volta dai blocchi della circolazione e per quanto riguarda il car sharing, analizzando il caso italiano (uno dei mercati più sviluppati per questa forma di mobilità) si assiste a una contrazione degli utilizzi con picchi fino al -70%, mentre il noleggio ha visto in Italia un calo vertiginoso delle immatricolazioni a marzo 2020 rispetto al 2019 (-98% immatricolazioni a breve termine, -80% a lungo termine). Vista la situazione attuale sarà possibile aspettarsi lo sviluppo di alcune forme di sharing fino ad oggi considerate “embrionali” (es. micro mobilità – monopattini, bike e scooter sharing) che potrebbero rappresentare un modo sicuro e conveniente per muoversi all’interno delle città (per esempio in Cina a tre mesi dal contagio l’utilizzo del bike sharing è aumentato del +150%), e che potrebbero trovare uno sfogo ancor più forte soprattutto nelle aree urbane medio-piccole (ad esempio, in Italia, circa l’85% della popolazione vive in comuni con meno di 250 mila abitanti) dove ad oggi la normativa non è ancora stata in grado di favorirne un pieno sviluppo. L’altra faccia della medaglia è però rappresentata dall’altrettanto probabile trasformazione che attende forme più consolidate e oggi messe a rischio, come il car pooling (sostenibile a livello ambientale, ma in contrasto con i bisogni di distanziamento sociale) e il car sharing, chiamato a prevedere forme più sicure, a partire dalla sanificazione dei mezzi. Gli operatori in campo allo stato attuale stanno reagendo con iniziative che riguardano tre macro-ambiti di intervento: con un coinvolgimento attivo a livello sociale (diventando complementari e a supporto del settore dei trasporti pubblici), una revisione del modello operativo per aumentare il livello di sicurezza (es. sistemi di sanificazione automatica dei mezzi) e con strategie volte a incentivare l’utilizzo dei mezzi anche nel periodo di emergenza, basate sulla revisione delle logiche di pricing per incentivare l’utilizzo continuativo da parte dello stesso utente e una maggiore accessibilità ai servizi anche nelle zone extra urbane.
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