Se la macchina ad idrogeno arriverà mai a vedere la strada, sarà anche grazie alla ricerca contro l'epatite C. No, non si tratta di alimentare i motori delle auto del futuro con medicinali e antibiotici: più semplicemente,
le stesse tecnologie informatiche che hanno portato agli spettacolari sviluppi della farmaceutica e dell'ingegneria genetica, potrebbero essere adottate per trovare una soluzione ai problemi energetici in campo automobilistico. Attualmente, sperimentare materiali e tecniche di costruzione di nuovo tipo per le batterie per motori elettrici è un processo lungo – e quindi oneroso dal punto di vista economico: richiede l'esecuzione di prove su centinaia, a volte anche migliaia, di diverse batterie, per periodi prolungati, prima di poter arrivare ad un verdetto affidabile. L'adozione di sistemi di sperimentazione derivati dalla ricerca farmaceutica consente di accorciare radicalmente questi tempi: la
Wildcat Discovery Technologies, che per prima ha intrapreso questa strada, afferma di riuscire a eseguire test di affidabilità e durata su circa 250 diverse sostanze e materiali in una sola settimana. Presto potrebbero anche arrivare al migliaio.
Tra i risultati fin qui ottenuti, una polvera metallica per legare l'idrogeno in un serbatoio: se ulteriori sperimentazioni dovessero dare risultati positivi, l'uso di questa polvere eliminerebbe la necessità di impianti e pompe ad alta pressione per i motori ad idrogeno.
Altri ambiti di applicazione di questa modalità di ricerca, i materiali per le batterie a ioni di litio, un settore di ricerca molto promettente, e delle molecule che potrebbero consentire di aumentare la capacità di cattura del biossido di carbonio (e dare una mano alla lotta al riscaldamento globale).
Si può dire che il lavoro di Wildcat, in collaborazione con Intermolecular e Genomatica, sta realizzando un ponte tra biologia ed elettronica. Dove porterà, quali conseguenze avrà, è ancora presto per dirlo.