Una situazione di incertezza quella in cui si trova, da quasi due anni, il sistema dei trasporti ferroviari in Italia, aggravata dalle limitazioni imposte dalla pandemia del Covid-19 con disagi dovuti al sovraffollamento dei treni e ai tagli al servizio per la malattia del personale. Ma anche
un anno in cui si è tornato a parlare di investimenti e riforme,
grazie alla visione di Next Generation EU e alle ingenti risorse previste dal Recovery Plan per le infrastrutture ferroviarie e il sistema della mobilità, da realizzare entro il 2026
.
Questa l’istantanea scattata dal Rapporto Pendolaria 2022 di Legambiente.
In generale, nel 2021, i passeggeri in circolazione si sono ridotti su tutti i treni, dell’alta velocità e Intercity (fino a -40%), a quelli regionali (-45%).
Tanti i disagi che hanno vissuto i pendolari e gli studenti, per autobus e treni sovraffollati, in particolare sulle linee che da anni sono le peggiori d’Italia come
Roma-Lido, Roma-Viterbo, Circumvesuviana e alcune tratte lombarde. A differenza delle città europee,
poche le ciclabili realizzate durante la pandemia, che potevano rappresentare un’importante alternativa per gli spostamenti, se integrate con il trasporto pubblico locale.
Sono le città il cuore dei problemi della mobilità in Italia per i ritardi di infrastrutture rispetto agli altri Paesi europei, che si sono ampliati in questi anni. In Italia ci sono 248 km di metro, meno della città di Madrid (291 km). Purtroppo,
nel 2019 e 2020, in Italia, non è stato inaugurato neanche un tratto di linee metropolitane e nel 2021 soli 1,7 km. Negli ultimi quattro anni abbiamo viaggiato a un ritmo di meno di 600 metri all’anno di nuove metro, lontanissimo da quanto avremmo bisogno per recuperare i problemi.
Per le tranvie nessun chilometro è stato inaugurato nel 2020 e 2021, mentre 5 km erano stati inaugurati nel 2019 e 5,5 nel 2018. Negli
ultimi vent’anni il nostro Paese ha continuato a investire in strade e autostrade, intercettando
dal 2002 al 2019 il 60% degli investimenti. Emblematici i dati del Conto nazionale trasporti per gli
interventi realizzati dal 2010 al 2019:
309 km di autostrade, 2.449 km di strade nazionali, a fronte di 91,1 chilometri di metropolitane e 63,4 km di tram.
Secondo il report,
negli ultimi dieci anni si sono ampliate le differenze tra le aree del Paese per la ineguale qualità del servizio.
Dal 2009 gli spostamenti nazionali in treno sono aumentati complessivamente di 46 mila passeggeri al giorno, ma con grandi differenze. Quelli
sull’alta velocità sono cresciuti del 114%, mentre quelli sugli Intercity sono diminuiti del 47%, perché, se l’offerta dei primi è cresciuta, quella dei secondi si è ridotta
. Per cui i territori fuori dalle tratte veloci hanno visto ridurre le possibilità di spostamento. Anche tra le regioni sono aumentate le differenze. In alcune si registra addirittura un calo, come la
Campania (-43,9%), che aveva toccato il picco di 467.000 viaggi nel 2011 a circa 262.000 nel 2019, il
Molise (-11%, con al momento solo due coppie di treni al giorno sulla Termoli-Campobasso),
l’Abruzzo (-19%), la Calabria (quasi -25%) e la Basilicata con un calo del 35%.
Mentre sono aumentati in Lombardia, Alto Adige, Puglia, Toscana. Il motivo è che, dopo i tagli nei trasferimenti delle risorse dallo Stato alle regioni per il servizio di trasporto, in alcune regioni si è deciso di investire per non ridurre il servizio, mentre in altre è stato ridotto e gli investimenti rinviati.
È in particolare il Sud a soffrire i ritardi maggiori in termini di possibilità di spostamento nazionali e regionali, con meno treni, più lenti e vecchi. In Sardegna le linee continuano a non essere elettrificate e non sono previsti investimenti, se non sull’idrogeno.