«Ci mangiamo un hamburger?»: quante volte fra amici ci è capitato di fare questa domanda? Di fatto si tratta di una polpetta di carne macinata, il più delle volte bovina, dalla forma di disco schiacciato. Inserito fra due fette di pane ha dato vita a un panino – originario, come suggerisce il nome, di Amburgo – diventato popolare soprattutto grazie ai fast food statunitensi.
In occasione della giornata mondiale dell’hamburger (28 maggio),
Studio Fieschi & soci, realtà leader nella misurazione degli impatti e nella consulenza ambientali, ha raccolto alcuni dati sulle emissioni di gas a effetto serra dell’hamburger (la sola carne, non il panino), basati sull’
analisi del ciclo di vita (LCA), la metodologia su cui c’è il maggior consenso della comunità scientifica internazionale.
Le emissioni dei gas a effetto serra (di cui la CO2 è la più nota) sono quantificate grazie a un
indicatore ambientale che esprime il loro impatto sul clima: il potenziale di riscaldamento globale in 100 anni (
GWP100), misurato in chilogrammi di CO2 equivalente (CO2e). È importante ricordare che le emissioni non sono l’unico aspetto di rilievo per quanto riguarda la misura dell’impatto della produzione e del consumo dei cibi, ma senza dubbio sono fra i temi più significativi del nostro tempo.
Secondo uno studio realizzato dal Trinity College di Dublino, un hamburger da 200 grammi, realizzato con carne allevata in Irlanda, produce 7,9 kg di CO2 equivalente, un dato che equivale alle emissioni
dirette generate da una FIAT 500 benzina in 67 km, cioè circa la
distanza in auto fra Milano e Piacenza.
Attenzione alla provenienza geografica
Se ci spostiamo in Brasile, gli impatti di un hamburger da 200 grammi aumentano a 11,6 kg di CO2 equivalente. A fare la differenza è soprattutto la
diversa produzione dei mangimi per gli animali: in Brasile, infatti, si fa più ampio ricorso ai fertilizzanti nell’agricoltura.Inoltre, secondo altri studi, la differenza negli impatti climatici è influenzata da altri fattori, fra cui:
La presenza di
mangimi concentrati e con alto contenuto di proteine nella dieta degli animali: la concentrazione dei mangimi e l’aggiunta di proteine permette una maggiore resa degli allevamenti (gli animali mettono peso più velocemente), ma comporta lavorazioni aggiuntive rispetto ai mangimi normali, le quali generano ulteriori emissioni di gas serra. I mangimi più elaborati, inoltre, possono indurre una maggiore fermentazione enterica e maggiori emissioni di metano durante la gestione del letame.
La
vita media dei bovini prima di essere abbattuti: più è lunga la vita degli animali, più emissioni saranno generate per il loro mantenimento. Questo dato mostra come in alcuni casi indicatori – qui impatto climatico e benessere animale – possano andare in direzioni diverse.
E se l’hamburger fosse vegetale?
L’impatto climatico di un hamburger diminuisce notevolmente quando cambia la carne con cui è preparato, scegliendo ad esempio quella di pollo (con un occhio però al benessere animale negli allevamenti in cui è allevato). Anche nel caso del pollame una quota significativa delle emissioni di gas serra è legata alla produzione del mangime.L’impronta climatica si può ulteriormente ridurre se si passa a burger di origine vegetale: lo studio del Trinity College di Dublino ha stimato che
un burger vegetale ha un impatto di 2,6 kgCO2e, con una riduzione del 67% rispetto alla carne bovina. Una quota di emissioni di gas serra è presente, come in tutte le attività, ed è da attribuire principalmente alla coltivazione e alla lavorazione degli ingredienti vegetali.
La carne coltivata in laboratorio
La carne coltivata in laboratorio è prodotta a partire dalle cellule staminali degli animali: con l’aggiunta di specifici ingredienti, ad esempio, vengono creati i muscoli e il grasso del bovino. Queste cellule vengono poi unite a materiali di origine vegetale, come le proteine della soia e l’olio di cocco.
Secondo
uno studio dell’Università dell’Ohio, un hamburger coltivato in un laboratorio degli Stati Uniti produce 0,768 kg CO2eq, cioè – secondo i dati dello studio – circa l’
87% di emissioni di gas serra in meno rispetto all’hamburger di carne bovina individuato per il confronto (e richiede, sempre secondo lo studio, il 39% di energia in meno).
Quale hamburger è quindi migliore per l’ambiente?
I risultati degli studi raccolti rappresentano l’impronta climatica dei prodotti dalla produzione delle materie prime alla loro trasformazione in prodotto pronto al consumo. I tipi di hamburger presi in analisi sono paragonabili dal punto di vista nutrizionale, tempi di cottura e vita sullo scaffale.Tuttavia se fra questi ci si domanda quale sia l’hamburger migliore in assoluto da un punto di vista ambientale, la risposta non è semplice: le sole emissioni di gas serra
non esauriscono, infatti,
la complessità degli impatti sul pianeta (e sulle persone) degli alimenti, la quale include aspetti che vanno dal consumo di suolo al benessere animale, passando per lo stress sulle risorse idriche, tutti elementi molto rilevanti per i sistemi agricoli, di allevamento e per l'industria alimentare.