Il Giardino Proibito di Trauttmansdorff: un luogo affascinante e pieno di mistero
Suddivisi in quattro aree tematiche, i Giardini di Castel Trauttmansdorff presentano, su una superficie di 12 ettari, più di 80 paesaggi botanici con piante da tutto il mondo.
Autore: Redazione Greencity
Esiste un posto all’interno dei Giardini di Castel Trauttmansdorff dall’atmosfera sinistra, completamente diverso rispetto a tutte le altre aree del giardino botanico meranese. È quasi nascosto, ai piedi delle mura del castello e al suo ingresso c’è una piccola porta, antica, un po’ cigolante, che serve a delimitare il confine con il resto. Si tratta del Giardino Proibito di Trauttmansdorff, così definito perché al suo interno ospita piante ed erbe pericolose, alcune anche mortali e bizzarre sculture dell’artista altoatesino Karl Heinz Steiner, che rievocano lo spirito di Belinda.
In questo tetro giardinetto, quasi tutte le piante contengono sostanze velenose. Le targhette rosse a cui sono associate indicano il rispettivo grado di pericolosità. Il Laburnum anagyroides (maggiociondolo), ad esempio, nonostante il suo aspetto attraente con infiorescenze gialle, è un arbusto velenoso, soprattutto nei baccelli: a causa degli alcaloidi che contengono, 3 o 4 frutti o 15-20 semi possono essere mortali per bambini piccoli. Il Nerium Oleander (oleandro) è una pianta molto velenosa in ogni sua parte, fresca o essiccata. Ad esempio, anche la carne grigliata preparata su spiedini di oleandro o il fumo del suo legno o delle sue foglie bruciati possono causare avvelenamenti. Il Prunus laurocerasus (lauroceraso) è una pianta da siepe molto velenosa, soprattutto i suoi semi e le sue foglie. Nei casi più gravi l’assunzione porta ad arresto respiratorio e cardiaco. Sono stati segnalati avvelenamenti mortali negli animali, ad esempio nelle mucche, con solo 1 kg di foglie.
Quanto allo spirito che lo permea, il Giardino Proibito rappresenta la leggenda di Belinda, iniziata 712 anni fa, quando Belinda era una bambina di 10 anni a servizio di una contadina. Belinda amava curare il giardino, all’interno del quale crescevano le piante più benefiche, ma anche quelle più velenose. Un giorno, quando Belinda divenne grande, il bambino della contadina si ferì e, poiché l’infezione si propagava, il corvo Rostolph suggerì a Belinda di preparare una pozione che poteva fare solo una “Nichtlinde”, ossia un’esperta d’erbe dai sette poteri delle streghe: mettere in ammollo nel latte di capra per sette giorni un po’ di mandragora e poi mescolarla con del grasso di montone e sale fino a trasformarla in un unguento denso. Prima però avrebbe dovuto sradicare un abete rosso e impalare sulle sue radici una testa di montone. Nel tentativo di curare il bambino con il suo unguento, Belinda fu scoperta dal parroco, che la tacciò subito di stregoneria e fu condannata al rogo. Al momento però di appiccare il fuoco, chicchi di grandine grandi come mele caddero dal cielo, insieme a una tempesta di vento e pioggia, e Belinda magicamente sparì. Nessuno la vide più. Si crede che faccia innamorare i ragazzi che la incontrano lungo il cammino fino a far perdere loro la ragione.
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