Slow Food Italia: «I dati allarmano ma non stupiscono, le istituzioni facciano di più. Il cibo ultra processato è sintomo di povertà educativa».
Autore: Redazione Greencity
In vent’anni, il numero di persone affette da obesità in Italia è cresciuto di 1,6 milioni, arrivando a 6 milioni nel 2023. Il dato, reso noto in occasione del sesto Italian Obesity Barometer Summit, allarma ma non stupisce. Purtroppo non coglie di sorpresa neppure leggere che, nello stesso arco di tempo, nella fascia 18-34 anni la percentuale di giovani obesi è più che raddoppiata, passando dal 2,6% al 6,6%.
Per Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, «questi numeri fotografano due cose: innanzitutto che è assolutamente necessario e urgente che la società tutta, e le istituzioni in particolare, si facciano carico dell'obesità, così come delle altre patologie legate all'alimentazione, come piaga sanitaria collettiva. Poi, questi dati dimostrano che sempre più consumatori si alimentano in modo non equilibrato, non hanno sufficienti strumenti di scelta e si nutrono distrattamente. È evidente che la povertà alimentare è anche riflesso della povertà educativa: pertanto, con forza, ribadiamo l’assoluta urgenza di inserire l'educazione alimentare nelle scuole italiane».
Per prevenire l’obesità occorre mettere in condizione i consumatori di scegliere come alimentarsi, optando per alimenti sani e freschi ed evitando i cibi ultra processati (cioè quelli che contengono numerosi ingredienti aggiunti, come sale, zucchero, coloranti, additivi, e quelli che sono ottenuti attraverso diverse trasformazioni industriali). L’ennesima dimostrazione dei rischi degli alimenti ultra processati è il recente studio, condotto dall’unità di ricerca di epidemiologia e prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli in collaborazione con l’Università Lum di Casamassima, pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition, secondo cui a un elevato consumo si associa l’accelerazione dell’invecchiamento biologico.
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