Un nuovo studio di ricercatori USA porta una nuova visione delle "responsabilità" delle emissioni di CO2 e gas serra in genere.
Autore: Redazione GreenCity
I paesi industrializzati sono responsabili non solo delle emissioni di gas serra che si producono direttamente nei loro territori, ma anche di quote di quelle emesse dai paesi in via di sviluppo. Un fatto, questo, che andrebbe preso in considerazione nelle discussioni in corso a Copenhagen su come dividere il peso economico del contenimento delle emissioni. Tutti noi conosciamo il fenomeno del trasferimento del lavoro dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo: un modo, per le aziende, di procurarsi manodopera a prezzi inferiori. Una ricerca di due geochimici della Carnegie Institution - Steven J. Davis e Ken Caldeira – parla, adesso, del trasferimento delle emissioni di gas serra, seguendo lo stesso percorso. La ricerca ha preso in considerazione le emissioni relative all'anno 2004 (l'ultimo di cui sono disponibili dati globali) da 113 paesi o aree geografiche, dividendole tra "casalinghe" o d'"esportazione", secondo che il bene o servizio prodotto – e che ha quindi causato le emissioni – sia stato goduto nello stesso paese o sia stato venduto su altri mercati. In quest'ultimo caso, Davis e Caldeira parlano di "outsourcing" delle emissioni: come nel caso del lavoro, anche per i gas serra le aziende vanno alla ricerca di mercati su cui scaricare almeno parte delle loro emissioni, sfruttando regolamenti ambientali carenti o meno costosi dal punto di vista di controlli e adempimenti. Si scopre così, che gli USA "scaricano" sui paesi in via di sviluppo una quantità di emissioni pari a circa l'11 percento di quelle di cui sono direttamente responsabili. Per il Giappone, questa quota sale al 18 percento. Il vero "scandalo", secondo la ricerca, sarebbe rappresentato dall'Unione Europea, che "affida" ai paesi più poveri percentuali variabili – secondo lo Stato - dal 20 al 50 percento delle proprie emissioni. La Cina, invece, pur capeggiando la classifica dei paesi che emettono più CO2, in realtà può essere definito un "emettitore per conto terzi": il 22,5 percento delle sue emissioni, difatti, sono dovute a produzioni che vengono poi godute in altri paesi – e che quindi, secondo il ricerca della Carnegie Institution, dovrebbero essere ascritte a chi effettivamente ne gode.
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