Il piano dell'Unione Europea per il futuro energetico dei 27 Paesi membri apre un possibile fronte di conflitto con la Russia, grande fornitrice di gas a molti di questi paesi.
Autore: Franco Cavalleri
Sicurezza negli approvvigionamenti, maggiore apporto delle risorse energetiche interne, siano esse da fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico) o da impianti atomici. Il piano dell'Unione Europea per il futuro energetico dei 27 Paesi membri apre un possibile fronte di conflitto con la Russia, grande fornitrice di gas a molti di questi paesi. Il piano prevede sì la realizzazione di due corridoi supplementari per il trasporto del gas naturale dai giacimenti russi alle case ed alle industrie europee, ma tra le misure previste c'è anche quella di abbandonare la struttura di prezzi tradizionale - contratti a lungo termine indicizzati all'andamento del mercato del petrolio – a favore del modello cosiddetto spot market, che consente di accedere a prezzi notevolmente inferiori. Non poteva mancare, di fronte a questa 'minaccia' la reazione dell'Orso russo, sottoforma di dichiarazioni del Responsabile Prezzi Export di Gazprom, Sergei Komlev. "Il passaggio allo spot market potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza delle forniture di gas all'Europa nel lungo periodo", ha detto Komlev. Le voci a favore di un passagio al sistema 'spot market' sono numerose ed altolocate. Anche Angela Merkel, il cui peso politico ed economico è sicuramente notevole, durante la scorsa estate si è spesa a favore della costruzione di un gas index indipendente che prenda il posto di quello tradizionale agganciato al petrolio. L'obiettivo è la rimozione dei paletti e dei legami che impediscono la formazione di un vero mercato del gas nell'Unione Europea, basato su trasparenza e concorrenza. Nulla di nuovo, per carità: sono più di dieci anni che queste voci, di tanto in tanto, escono dall'ombra. Questa volta, però, le posizioni sembrano decisamente più favorevoli, anche a causa del divario di prezzi che si è creato tra petrolio e gas, con il primo circa tre volte più caro del secondo. Bruxelles sembra pendere a favore di una rottura del sistema attuale, basato su società nazionale integrate verticalmente, a favore del cosiddetto Modello anglosassone che ha come punti di forza contratti spot tra fornitori e venditori che dispongono di accesso uguale ed equo ai gasdotti e ai depositi di gas. I nuovi gasdotti – quello Meridionale ed il Nabucco – nell'interpretazione di Mosca servono anche a favorire il passaggio verso il nuovo sistema, rendendo disponibili nuove strutture per un mercato del gas basato sulla concorrenza. Uno sviluppo che non piacerebbe a Gazprom, il colosso energetico russo, uno dei principali attori globali nel mercato dell'energia, fornisce circa un quarto della domanda europea di gas – ma nei paesi ex comunisti può arrivare anche al 100%, come in Bulgaria. Ecco quindi la ragione di discorsi neanche tanto vagamente minacciosi nei confronti della Commissione Europea e di quanti sostengono la necessità di passare alla nuova struttura di mercato. L'offensiva russa parte dalla considerazione che "Bruxelles sbaglia se pensa che l'attuale situazione di mercato, favorevole ai contrati spot, possa durare. È un'anomalia, e come tale destinata a finire". Contesta, il manager russo, le previsioni USA per cui il rapporto di 3:1 tra il prezzo del petrolio e quello del gas sia destinato a durare fino al 2035. "Non ci sono dati a supporto di questa previsione", dice. Al contrario, vede un ritorno alla situazione pre-crisi già nel prossimo futuro, quando le difficoltà economiche di questi ultimi anni finiranno e l'economia tornerà a girare. Anzi, il giro di boa sarebbe già iniziato: gli esperti Gazprom vedono, infatti, un declino dei profitti di questi contratti già dal primo trimestre del 2010. Con il ritorno ad una fase di espansione economica, aumenterà anche la richiesta di gas, ma "Mosca potrebbe avere problemi rispondere a questa nuova domanda, in mancanza di sicurezza sui contratti a lungo termine".
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