Ambientalisti, no al decreto di recepimento della direttiva 2009/28
Schema di decreto di recepimento della Direttiva 2009/28: per le associazioni ambientaliste e quelle del settore rischia di bloccare lo sviluppo delle rinnovabili in Italia.
Autore: Redazione GreenCity
Le principali associazioni ambientaliste – Greenpeace, Legambiente e WWF - assieme a tre delle principali organizzazioni del settore delle fonti rinnovabili –Fondazione sviluppo sostenibile, Kyoto Club e ISES ITALIA – lanciano l'allarme sulle conseguenze negative che potrebbe avere la proposta di decreto che riorganizza il sistema degli incentivi alle fonti rinnovabili e propongono una serie di emendamenti il cui obiettivo è quello di migliorare il testo del decreto e al contempo garantire stabilità al mercato delle rinnovabili, l'efficienza negli incentivi e il perseguimento degli obiettivi fissati al 2020. Per le suddette associazioni, infatti, lo schema di decreto, pur contenendo alcuni elementi positivi (in particolare fa notevoli passi in avanti per quanto concerne l'incentivazione della generazione termica e della biomassa), prevede una revisione dei meccanismi incentivanti che rischia di bloccare lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia, in particolare di alcune tecnologie più promettenti come l'eolico e il solare fotovoltaico, e che potrebbe avere conseguenze negative per l'intero settore. L'attuale sistema degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili ha consentito all'Italia di attrarre investimenti per miliardi di euro con effetti concreti sia sul lato della produzione di energia sia sul lato occupazionale. Tali risultati sono stati raggiunti grazie a un sistema nazionale di incentivi che oggi necessita di una profonda revisione al fine di eliminare alcune distorsioni interne e rispondere in maniera più efficace agli obiettivi europei al 2020 in tema di incidenza delle fonti rinnovabili e di riduzione delle emissioni di gas serra. Gli emendamenti proposti dalle associazioni toccano alcuni dei punti e quelli principali riguardano la limitazione sugli impianti solari fotovoltaici a terra – per distinguere i casi di aree agricole di pregio dalle altre, affidando la competenza alle Regioni – e la riduzione del taglio del prezzo dei Certificati Verdi, dal 30% al 15% del valore attuale, più congruo rispetto ai costi effettivi.
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