Rivolte popolari in Tunisia ed Egitto. Nel primo paese, il governo è stato rovesciato, il Presidente Ben Alì costretto a riparare all'estero. Nel secondo, la situazione è ancora molto fluida, anche se le recentissime dimissioni da Presidente del Paese di Hosny Mubarak aprono nuovi scenari. Gli altri paesi della regione, dal Marocco all'Algeria, alla Libia, e nel Medio Oriente sembrano, al momento, reggere il colpo, sia pur con qualche fatica (soprattutto per quanto riguarda l'Algeria). Solo Sudan – diviso in due Stati indipendenti dopo il recente referendum che ha sancito la nascita del Sud Sudan – e Yemen – dove il regime non sembra in grado, da anni, di controllare l'intero territorio – preoccupano, in vari modi e con intensità diverse, gli analisti e gli esperti di politica internazionale.
Quali riflessi potrà avere, sul mercato dell'energia – l'area geografica interessata da questi sconvolgimenti sociali e politici è dove si concentrano le produzione e le riserve di petrolio e gas naturali del mondo – questa serie di eventi? Quali scenari si aprono, per i prezzi di petrolio e gas naturale? Ne ha parlato recentemente
Shokri Ghanem, Presidente di National Oil Corporation (NOC), la società libica che controlla il mercato del petrolio in quel paese. In precedenza, Ghanem è stato anche direttore della divisione ricerche dell'OPEC, dal 1993 al 2001, organizzazione di cui ha anche guidato la segreteria per tre anni. Tornato in patria, ha ricoperto la carica di primo ministro prima di tornare ad occuparsi del settore energetico, nel quale vanta una lunghissima esperienza, essendovi entrato nel lontano 1968. il primo argomento che ha voluto affrontare è stato la volatilità dei prezzi sul mercato del petrolio.
"Una volatilità – ha detto - che ha contraddistinto il mercato negli ultimi due anni, con un massimo di $147 nel luglio del 2008 ed un minimo di $30 durante il periodo di picco della crisi economica globale. Oggi, il livello di prezzo sullo short-term sconta le difficoltà politiche, le minacce del terrorismo, la speculazione, il prezzo di altre commoditiy e le difficoltà dell'euro nel cambio con il dollaro. Dati fondamentali come i livelli di produzione e delle scorte sembrano avere meno importanza nel determinare il prezzo del petrolio".
Cosa ci aspetta, nei prossimi mesi, quindi?
"Fare previsioni, quindi, è particolarmente difficile, ma ritengo che il prezzo rimarrà entro i 60-80 dollari, probabilmente più dalla parte alta di questa forbice e forse anche leggermente sopra. Superato questo livello, però, la corsa verso i 100 dollari al barile, e oltre, è aperta."
È sugli scenari politici che Ghanem manifesta le maggiori preoccupazioni. Quanto sta avvenendo nei paesi del Nord Africa non lo lascia indifferente. "La minaccia di embargo a livello politico – dice – sta creando non poche incertezze. Non è chiaro quali saranno gli scenari che si apriranno a seguito dei vari conflitti, in Nord Africa, in Medio Oriente, con l'Iran, nel Golfo".
Non preoccupa il responsabile della compagnia petrolifera libica, lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili.
"Il ruolo dei biocarburanti, dell'energia idroelettrica e delle altre fonti rinnovabili è limitato. Eolico e solare potranno anche essere il futuro, ma ancora non hanno raggiunto il punto di rottura in grado di renderle competitive come prezzi".
Per un bel po' ancora, quindi, il mondo farà riferimento al petrolio e alle fonti fossili per l'energia di cui ha bisogno. Anche se, come ammette Ghanem "i pesci di grandi dimensioni sono ormai stati catturati tutti", ovvero non ci sono più grandi giacimenti da scoprire. "
Verranno alla luce alcuni nuovi giacimenti di piccole dimensioni, ma nulla di più. Non certo giacimenti da 10 o addirittura 20 miliardi di barili. Sarà comunque possibile produrre oltre 100 milioni di barili al giorno anche in futuro e soddisfare la domanda di petrolio globale".