Oracle Utilities ha presentato i risultati dello studio "
Water for all?", realizzato dall'
Economist Intelligence Unit, dal quale emerge come 4 senior executive di utility idriche su 10, pari al 39% del campione, ritengano 'altamente probabile' o 'sostanzialmente certo' il rischio di superamento delle
richieste di acqua rispetto alla disponibilità su scala nazionale, uno scenario che evidenzia la necessità di cambiamenti sostanziali nella gestione e nella produzione delle forniture idriche.
L'analisi ha evidenziato come
un comportamento improntato agli sprechi da parte dei consumatori costituisca il principale ostacolo alla capacità di soddisfare le future richieste di approvvigionamento idrico (45%). Un terzo degli intervistati ha poi citato altre barriere importanti, identificate nel cambiamento climatico (34%) e nelle basse tariffe che bloccano lo stimolo verso investimenti più consistenti (33%).
La necessità di fornire una risposta a queste sfide sta promuovendo un flusso di innovazione nel settore. La gestione dell'acqua potabile da parte delle utility nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo vede l'implementazione di tecnologie in grado di favorir
e una maggiore efficienza, ad esempio in termini di tecniche di desalinizzazione, utilizzo di sensori di rete e installazione di contatori intelligenti, tutti elementi che contribuiscono a moderare la domanda e a risolvere in maniera efficiente i problemi ad essa associati.
Principali risultati dello studio
Aumento dell'emergenza idrica entro il 2030: l'incremento della richiesta di acqua dovuto alla crescita della popolazione, ai modelli di cambiamento climatico e agli sprechi da parte dei consumatori porta il 39% degli intervistati a ritenere che entro il 2030 sia 'molto probabile' che la domanda superi l'offerta; percentuale che sale al 54% con coloro che lo ritengono 'abbastanza probabile'. Se non adeguatamente affrontato, il problema potrebbe comportare conseguenze importanti a livello economico, sociale e sanitario.
Ostacoli alla conservazione: il 45% delle utility – in particolare quelle che operano nei mercati dei Paesi sviluppati – considera lo spreco come l'ostacolo maggiore al progresso, mentre il 33% ritiene che le tariffe siano troppo basse per poter stimolare investimenti più sostanziosi; nei Paesi in via di sviluppo svetta al primo posto la mancanza di capitali di investimento (41%), mentre al terzo posto figurano i timori rispetto al cambiamento climatico (34%).
Coinvolgimento dei consumatori: metà degli intervistati (49%) ritiene necessario modificare le strutture dei prezzi al fine di favorire la conservazione; meno di 4 interpellati su 10 pensano invece che i prezzi debbano essere mantenuti per garantire un accesso equo alle risorse idriche (38%). Considerando che lo spreco da parte dei consumatori rappresenta l’ostacolo principale alla conservazione, è essenziale che le utility intervengano con azioni di sensibilizzazione dei consumatori al fine di vincere tale sfida.
Maggiori investimenti: quasi tutti gli intervistati hanno riferito di essere impegnati ad aumentare gli investimenti con l'obiettivo di fare fronte alle sfide legate alla domanda (93%), con più di uno su cinque (22%) incline a incrementare l'investimento del 15% e oltre nei prossimi tre anni.
Un mercato innovativo: per necessità il settore idrico sta diventando sempre più innovatore grazie a nuove tecnologie quali i contatori intelligenti e le tecniche di desalinizzazione. Le nuove tecnologie vengono vagliate con regolarità da un quinto delle utility idriche che operano nei mercati sviluppati e da un terzo di quelle nei Paesi in via di sviluppo. Ad ogni modo, è necessario che aumenti il numero di utility impegnate nel miglioramento delle proprie capacità di identificare e implementare tali innovazioni: oltre un terzo (36%), infatti, non è consapevole delle opzioni di innovazione disponibili.
Ostacoli: siccità e acque sempre più inquinate sono i due rischi maggiori e più probabili, secondo gli intervistati. La metà di essi ha la sensazione che le autorità non forniscano informazioni e assistenza sufficienti riguardo al problema; il 43% ammette il bisogno di dover sviluppare tecniche di gestione ad hoc per modellare più precisamente la disponibilità e il livello di precipitazioni in futuro.