"Consumiamo più soia di quanto crediamo, ed è quella utilizzata come mangime per maiali e polli e negli alimenti trasformati che sono il vero problema, non certo il tofu e la salsa di soia - ha detto Eva Alessi responsabile sostenibilità del WWF Italia - La produzione di un chilo di carne di pollo può richiedere oltre mezzo chilo di soia".
La rapida crescita della domanda di soia destinata all'alimentazione animale è un fattore chiave che sta causando la distruzione di significative porzioni di foreste, savane e praterie, tra cui l'Amazzonia, il Cerrado, la Foresta Atlantica, la Foresta Chaco e Chiquitano che coprono la maggior parte di Brasile, Argentina, Bolivia e Paraguay e le praterie del Nord America, e sta aumentando la vulnerabilità di specie come il
giaguaro, il formichiere gigante, l’armadillo e l’ara macao.Il dossier WWF
La crescita del consumo di soia: Impatti e Soluzioni evidenzia come e perché la superficie dedicata alla coltivazione della soia sia aumentata di 10 volte negli ultimi 50 anni e si preveda un ulteriore raddoppio entro il 2050. Circa 46 milioni di ettari, una superficie più grande della Germania, è dedicata alla coltivazione della soia in America Latina: tale espansione è avvenuta in gran parte direttamente scapito delle aree naturali oppure indirettamente,costringendole attività agricole o pastorali a spostarsi in quelle stesse aree.
Il WWF sostiene che è possibile ridurre notevolmente gli impatti negativi della soia con un'azione decisa da parte dei governi e una spinta concertata verso la sostenibilità ambientale e sociale lungo tutta la catena di produzione della soia, ma
è necessario il sostegno di finanziatori e consumatori per raggiungere questo obiettivo.
Le proposte WWF sono: una migliore pianificazione dell'uso del suolo, la tutela delle aree naturali vulnerabili e di valore, un processo di certificazione quale quello proposto dalla Tavola Rotonda sulla Soia Responsabile (Roundtable on Responsible Soy, RTRS), migliori pratiche agricole e la riduzione di scarti e rifiuti.