La Francia si è impegnata ufficialmente con l'Unione Europea ad arrivare a una quota del 23% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, contro il 10% attuale (praticamente tutta da energia idraulica).
Per raggiungere questo risultato
il governo francese vuole puntare sull'energia eolica, l'unica a disporre di un livello di maturità tecnologica sufficientemente elevato. Per questo, lo scorso mese di settembre il ministro dell'ecologia, Jean-Louis Borloo, ha lanciato la prima offerta per progetti di impianti eolici offshore, dove le condizioni del vento sono migliori e più promettenti. Un piano che ha sollevato molte polemiche.
A prima vista, il piano messo a punto dallo Stato francese può apparire di facile consenso: nulla di più sbagliato! Negli ultimi mesi voci di dissenso, anche da parte di istituzioni e rappresentanti dell'ammnistrazione dello Stato, si sono levate ad
accusare l'energia eolica di non essere facile da usare e nemmeno così virtuosa dal punto di vista ambientale. Nell'aprile del 2010, un rapporto parlamentare getta ombre sul meccanismo di determinazione del prezzo di vendita dell'energia prodotta dalle turbine, e lancia l'accusa che i costi vengano scaricati sui consumatori. Sulla scia di queste polemiche, la Legge Granelle II, promulgata il 12 luglio, introduce un sistema più rigido per l'installazione di impianti eolici, assimilandoli alle fabbriche inquinanti.
Agli attacchi ufficiali e all'attendismo delle autorità, che rendono instabile l'aspetto regolamentare, si aggiungono la moltiplicazione dei ricorsi da parte dei residenti di zone scelte per le installazioni di pale eoliche: come conseguenza, nel primo trimestre del 2010 sono stati installati solo 100MW, più di tre volte meno che nello stesso periodo del 2009, cinque volte meno di quanto richiesto per tenere il passo previsto dalla legge Grenelle II.
Come interpretare i segnali contradditori che provengono dallo Stato? Domenique Finon, del
Laboratorie d'analyse économique des réseaux e des systèmes énergétique, ha ammesso che "l'eolico non ha mai avuto consenso in Francia. Il nostro establishment ha per lungo tempo visto nel fonti rinnovabili d'energia il marchio di un ecologismo irrazionale, e ne restano ancora le tracce".
Fin dallo choc petrolifero del 1973, mentre la Danimarca investiva il 10% dei suoi fondi nello sviluppo eolico, la Francia si rivolgeva al nucleare. L'atomo, sempre l'atomo, una monocultura quasi ossessiva. E per un ambiente burocratico, industriale e imprenditoriale impregnato di cultura dell'atomo, l'eolico rappresenta, si potrebbe dire, una "barzelletta":
nello stesso tempo in cui una centrale nucleare produce 1600MW di energia, le turbine alimentate dal vento ne producono...2 o3! Le critiche francesi si sono concentrate anche, se non soprattutto, sui parametri di densità energetica: una turbina comincia a produrre solo con un vento di almeno 10 kmh, raggiunge la massima efficienza quando il vento soffia a 40-45 kmh, ma a 90 si deve arrestare per evitare danni alla struttura. Il risultato è che, nel 2009, l'eolico francese ha fornito appena il 22% rispetto alla potenza nominale installata. Il nucleare – sempre il nucleare! - arriva all'80%. Qualche commentatore ha detto che "è come se i mulini a vento lavorassero due mesi e mezzo l'anno, per poi starsene fermi e tranquilli il resto dell'anno".
Se consideriamo che l'energia nuclere e quella idraulica, che alimentano il 90% della rete francese, sono alla pari dell'eolico in termini di emissioni di CO2, possiamo comprendere come nemmeno il tema dell'urgenza ecologica possa facilitare la strada ai fautori dei mulini a vento. Unico paese al mondo, tra l'altro, la Francia non solo
non prevede di abbandonare il nucleare, ma al contrario ha in programma un piano di sviluppo della capacità delle sue centrali. Questo ha fatto sì che i supporters del vento puntassero sul tema della diversificazione, piuttosto che della sostituzione.
Tutto si riduce ad una questione a dir poco esplosiva:
c'è posto per l'eolico in Francia?I l dibattito si è sviluppato, per la verità, in modo poco costruttivo e con scambi di accuse, anche pesanti. Sono stati presentati numerosi studi, alcuni palesemente ritoccati nei risultati quando non addirittura falsati.
"La maggior parte degli studi – ammette Elie Bellevrat, ricercatore di Enerdata, centro studi indipendente nel campo dell'energia - soffre spesso da pregiudizi, perché ci sono reali difficoltà metodologiche per valutare il morire da un punto di vista tecnico, economico, ambientale. In questo contesto, è diventato molto difficile avere un'idea chiara e obiettiva della situazione".
Nondimeno, è possibile riassumere il dibattito sviluppatosi in Francia in sei questioni principali.
[tit: Un interesse ecologico marginale] L'80% dell'energia francese deriva da centrali nucleari (diciannove in tutto) o idroelettriche. Atomo e acqua: due fonti di energia che producono un basso livello di emissioni di CO2 (non essendo termiche). Un livello comunque paragonabile a quello dell'eneria eolica. Lo stesso Ministero dell'Ambiente ha ammesso che, anche al top della produzione, l'eolico potrebbe far risparmiare 1,65 milioni di tonnellate di emissioni di CO2: ben poca cosa, se consideriamo che il solo settore energetico ne produce 34 ogni anno. Il livello di prezzo, a parità di emissioni, sarebbe però ben più alto. Questo fa sì che il discorso ecologista abbia poca presa.
Un altro punto a favore di chi si oppone allo sviluppo dell'eolico, è la scarsa flessibilità - o grande rigidità, dipende dai punti di vista – di questo sistema. Il vento arriva quando vuole, non si può quindi rispondere alle variazioni nella richiesta di energia proveniente dal mercato, aumentando o diminuendo la produzione. Qui, è il vento che comanda. Nucleare e idroelettrico, invece, possono aumentare o dominuire la quantità di energia prodotta, studiando anche in anticipo quali saranno i movimenti del mercato in base a scenari e analisi. un sistema produttivo che mal si concilia con le modalità di consumo.
[tit: Conciliare produzione e consumo]Il sistema elettrico francese ha un grosso problema da affrontare e risolvere: gli inverni sono rigidi, in quasi tutto il paese, e ogni grado in meno di temperatura comporta la necessità di produrre qualcosa come 2100MW di potenza. Molti fanno notare come l'8 gennaio del 2010, il giorno più freddo dello scorso inverno, l'eolico ha prodotto 2600MW di potenza in tutto, il 60% della sua capacità nominale.
Dal punto di vista meteorologico, i giorni più freddi dell'anno, quelli in cui maggiore è la necessità di energia per riscaldare case, scuole, uffici, negozi, corrispondono anche a quelli in cui c'è meno vento. Perché è proprio l'assenza di vento, causata dall'anticiclone, ad abbassare le temperature.
Per passare ad una produzione eolica di energia, quindi, serve anche un politica di miglioramento dellefficienza energetica delle costruzioni, che faccia diminuire la richiesta di energia. Ma se facciamo scendere la richiesta, che covenienza economica potranno vedere, le aziende, per impegnarsi in questo settore?[tit: Un'energia intermittente, difficile da controllare]"Energie fatale": capricciosa, volubile, umorale, al pari delle 'femme' per cui la Francia è tanto famosa. Così è soprannominata l'energia eolica al di là delle Alpi. 'Fatale', perché soggetta alle variazioni del tempo: ci sarà vento, sarà sufficientemente forte per far girare le pale, rimarrà entro i limiti di sicurezza oltre i quali si devono fermare i rotori per non rischiare danni strutturali?
Le migliori previsioni meteorologiche sulla velocità del vento contengono sempre un margine d'errore che, nel migliore dei casi, mette in gioco 250 MW: l'equivalente di una centrale a carbone. Questo su un periodo di tempo di sole sei ore. Nell'arco di una giornata, l'errore, o meglio la mancanza di vento, può causare una differenza anche di 1000MW nel totale della produzione. Un livello di incertezza che molti considerano inaccettabile.
L''impossibilità di prevedere la disponibilità e la forza del vento produce un altro aspetto negativo: si potrebbe verificare – ed in effetti succede – un surplus di produzione rispetto alla domanda di energia. Cosa fare, in quel caso? La Danimarca ha risolto il problema vendendo l'energia di troppo ai paesi vicini. Peccato questo avvenga a pezzi inferiori rispetto a quelli di mercato, e a volte del tutto gratis. Soluzione non certo vista di buon grado da chi in questo mercato investe soldi veri.[tit: Una rete elettrica inadatta]L'eolico è spesso visto come un 'divoratore di infrastrutture: per collegare impianti di produzione isolati, vanno costruite nuove linee di collegamento per portare l'energia ad un trasformatore, ma occorre anche rafforzare la rete esistente. E non sempre è possibile farlo senza sostituire le torri, o modificarne i percorsi.
L'80% dell'energia proviene da diciannove impianti nucleari e viene poi distribuita in tutto il paese: questo fa si che la rete sia fortemente centralizzata. L'eolico, al contrario, è per natura fortemente de-centralizzato. Due tipologia di sistema difficili da integrare.
È qui che entra in gioco, per i sostenitori delle turbine a vento, la possibilità di realizzare una 'rete intelligente', in grado di superare sia le difficoltà di integrazione di due reti diverse, che i problemi di non continuità del vento – e quindi della produzione di energia. Come rendere 'intelligente' questa rete, prealtro, è una domanda ancora senza risposta.[tit: Un ritorno economico incerto]Come tutte le diverse forme di energia alternativa, l'eolico gode di forme di sovvenzione finalizzate a facilitarne lo sviluppo. L'elettricità prodotta da una turbine deve essere acquistata da EF al prezzo di €0.86 al chilowattora. Notare che i prezzi di mercao oscillano tra i 60 e gli 80 centesimi di euro! Questa differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di mercato viene poi scaricata sul consumatore finale, che si trova quindi a pagare un sovraprezzo assolutamente non giustificato. Come succede, peraltro, anche in altri paesi, Italia compresa. In Francia, questo sovrapprezzo è stato calcolato in 1,7-2,1 miliardi di euro all'anno. Un costo che non viene compensato dalla riduzione nelle emissioni di CO2. Il 2008, con la sua fiammata nel prezzo del petrolio, ha dato una spinta alla diffusione dell'eolico e delle altre forme rinnovabili di energia, ma è durato poco. "A tutt'oggi, questa energia intermittente è un buco nei piani EDF, perché blocca i piani di ottimizazione dell'azienda", confida Dominique Finon. [tit: Una presenza mal accettata]Uno dei principali problemi che l'eolico deve affrontare è la diffidenza da parte della popolazione e delle comunità coinvolte. "Quasi tutti i nostri progetti sono oggetto di ricorsi, e ci vogliono più di cinque anni perché arrivino a vedere la luce", ammette Pierre Parvex, responsabile per le energie rinnovabile per GDF-Suez. L'accento posto sullo sviluppo di impianti offshore è un modo, da parte delle aziende, di rispondere alla pressione esercitata dalle comunità locali e per evitare i tempi lunghi delle aule di tribunale.
Il punto è che le aziende hanno fame di energia, e questo le spinge a cercarla ovunque: nel caso dell'eolico, significa pale sempre più grandi, più alte, sulle colline, sulle creste delle montagne, sempre più vicine alle abitazioni. Una convivenza che sta diventando difficile.
La protezione del paessaggio rappresenta un punto focale di contrasto. La Francia è entrata nell'eolico quando questo aveva ormai raggiunto una dimensione industriale: non ha avuto il tempo ed il modo di creare una relazione tra impianti e comunità locali, come successo invece in Germania ed in Danimarca, per fare un esempio. In questi due paesi, lo sviluppo degli impianti eolici è stato graduale, è partito da un livello artigianale, e ha coinvolto le comunità locali fin dall'inizio. Questo ha aiutato a creare un buon rapporto tra impianti e comunità. Ben diverso il discorso quando un paesino di poche migliaia di abitanti, quando non un villaggio con poche centinaia, si vede piombare addosso un impianto industriale che occupa diversi ettari di territorio ed è composto da decine e decine di pale eoliche alte 140 metri. Come trovare una soluzione, un accordo tra due interessi così contrastanti?
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