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COP16, Messico presenta bozza di accordo

Pubblicato il: 11/12/2010
Autore: Franco Cavalleri
Si sta delineando il consenso da parte di tutti su un documento finale al COP16 di Cancùn. Di tutti, esclusa la Bolivia, rimasta sola nella condanna di un accordo che ha bisogno del sostegno di tutti per avere successo.
Si sta delineando il consenso da parte di tutti su un documento finale al COP16 di Cancùn. Di tutti, esclusa la Bolivia, rimasta sola nella condanna di un accordo che ha bisogno del sostegno di tutti per avere successo.
E' stato il Paese padrone di casa ad estrarre il classico coniglio dal cilindro, presentando una proposta in grado di attirare il 'sì' di tutti, rompendo una situazione di stallo tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo sui tagli alle emissioni di gas serra che i paesi sviluppati dovrebbero apportare ai sensi del protocollo di Kyoto.
La proposta messicana non prevede un impegno di estendere il vecchio trattato di Kyoto oltre il 2012, data della sua scadenza ufficiale: si pone, in effetti, l'unico obiettivo di evitare il collasso dei negoziati sui cambiamenti climatici e consentire alcuni progressi modesti sulla questione della protezione dell'ambiente. L'obiettivo minimo a cui si era appellato Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite, due giorni fa per evitare di dover dichiarare il falliment dell'iniziativa UNFCC/COP.
Il documento comprende la creazione di un nuovo "Fondo Clima Verde" per aiutare i paesi meno sviluppati del mondo, fondi per proteggere le foreste tropicali, e un altro accordo per condividere le tecnologie a basse emissioni.
"Quello che abbiamo ora è un testo che non è perfetto ma è certamente una buona base per andare avanti", ha detto l'inviato americano clima Todd Stern.
Xie Zhenhua, capo delegato cinese ai colloqui in spiaggia dei Caraibi del Messico di Cancun, ha detto che Pechino ha sostenuto la proposta: "Mentre ci sono alcune lacune, esprimiamo la nostra soddisfazione".
Tra gli altri grandi emettitori, anche Unione Europea, India e Giappone, si sono espressi a favore della bozza messicana, così come molte delle nazioni in via di sviluppo.
Solo la Bolivia ha respinto il patto proposto, bollandolo come insufficiente: il suo 'no' potrebbe, in effetti, far fallire i negoziati, perché qualunque accordo nel quadro dei negoziati sotto l'egida dell'ONU ha bisogno di sostegno unanime. Naturalmente, è solo una questione i prezzo: dipenderà da quanto gli altri Paesi - USA, EU, Giappone, in testa, ma non solo - potranno o vorranno mettere sul tavolo per convincere La Paz. E quanto la Bolivia vorrà o potrà dimostrarsi coerente nel perseguire una politica del 'sola contro tutti' poco convincente.
"La Bolivia non è disposta a firmare un documento che significa un aumento della temperatura media, che sarà messo più persone vicine alla morte", ha affermato con risolutezza il delegato della Bolivia Pablo Solon.
La posizione boliviana è chiara: le nazioni sviluppate devono dimezzare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2017, portandole ai livelli del 1990. Il presidente Evo Morales ha detto alla riunione all'inizio di questa settimana che le politiche climatiche dei paesi sviluppati sono stati causa di "genocidio".
I colloqui erano entrati in una fase di stallo dopo che Giappone, Russia e Canada hanno detto di non voler estendere il Protocollo di Kyoto, che obbliga solo i circa 40 paesi sviluppati a ridurre le emissioni di gas serra.
La richiesta era per un nuovo e più ampio trattato delle Nazioni Unite nei prossimi anni, che includa obiettivi vincolanti per le emissioni anche di altri paesi, tra cui Cina, Stati Uniti e India.
I paesi in via di sviluppo hanno respinto la richiesta, affermando come la responsabilità delle emissioni ricada sui paesi industrailizzati  dimenticando come la Cina sia ormai il Paese che emette più inquinanti e come l'India sia sulla buona strada, così come molti dei paesi in via di sviluppo non abbiano una politica e delle normative per la protezione dell'ambiente, o quando anche le abbiano siano solo sulla carta. E i prodotti che loro esportano sui mercati dei paesi industrializzati siano spesso il frutto di questa assenza di politica di protezione ambientale, con effetti poco esiderati sulla salute dei cittadini dei paesi importatori (oltre che dei lavoratori nei paesi di origine)!
A questi Paesi interessa unicamente stimolar la loro crescita economica, indipendentemente dal fatto che sia sotenibile o meno dall'ambiente. Per questo, sono disposti a rallentare l'aumento delle loro emissioni nei prossimi anni, ma non atagliarle.
Gli Stati Uniti non hanno mai ratificato Kyoto. L'ex presidente George W. Bush ha detto che costerebbe posti di lavoro degli Stati Uniti e si lamentava che lascia la Cina e altre potenze economiche emergenti fuori con troppa leggerezza.
I colloqui di Cancun stanno cercando di ricostruire la fiducia tra le nazioni dopo il fallimento di Copenhagen l'anno scorso. Un tentativo poco convincente, fino ad adesso: il progetto di accordo accolto da molti delegati venerdì sera rimanda vagamente ad "un secondo periodo di impegno" per Kyoto, che significa il suo futuro sarà deciso nei prossimi round di negoziati tra qui ed il 2012.


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Categorie: Green Life

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