La Svizzera ha annunciato oggi la sospensione delle procedure relative alle domande di autorizzazione per le nuove centrali nucleari dopo gli incidenti in Giappone.
Il ministro dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Doris Leuthard - afferma un comunicato - "ha deciso di sospendere le tre procedure relative alle domande di autorizzazione per le nuove centrali nucleari finché non sarà stata fatta un'analisi approfondita degli standard di sicurezza".
L'evento disastroso del terremoto e relativo tsunami, e la preoccupazione diffusa sulla mancanza di chiarezza su cosa sta succendendo agli impianti di Fukushima 1, 2 e 3
(preoccupazione espressa anche dalle autorità francesi), fa si che prevalga la prudenza in tema di nucleare.
Nel frattempo è tempo di cominciare a indagare su quali potranno essere le p
rincipali conseguenze del terremoto e, soprattutto, dello tsunami che hanno colpito il Giappone,
per l'economia del paese dell'Estremo oriente ma anche per quella globale, anche in relazione al tondo registrato questa mattina dalla Borsa di Tokyo che ha chiuso con oltre il 6 percento in meno, rispetto alla chiusura di venerdì scorso.Nonostante che la forza espressa dal terremoto sia stata superiore a quella che colpì e devastò Kobe nel 1995, i danni sono stati inferiori, anche grazie ad un fattore fondamentale: sedici anni fa l'epicentro della scossa (6,9 Richter) fu direttamente sotto l'area urbana, che venne quindi investita direttamente dal terremoto. I danni economici furono ingenti: l'onda sismica interruppe le infrastrutture per le comunicazioni ed i trasporti, le reti per la raccolta dell'acqua piovana e di scarico e quelle per la distribuzione dell'acqua potabile. Centocinquantamila edifici furono distrutti, altri 180mila seriamente danneggiati. Il conto delle perdite umane toccò quota 6500 morti, con 600mila persone costrette ad abbandonare le loro case distrutte o troppo danneggiate.
Complessivamente, dal punto di vista economico
l'ammontare dei danni causati dal terremoto di Kobe nel 1995 è stato stimato in 114 miliardi di dollari, il 2,3& del PIL giapponese e poco meno dell'1% (lo 0,8, esattamente) del valore dell'intero capitale fisico del paese in quegli anni. Oltre tre volte il costo di qualunque altro disastro nella storia fino a quel momento.
Molti osservatori, nel 1995, ritennero che ci sarebbero voluti almeno dieci anni perché Kobe tornasse ai livelli del pre-terremoto. In realtà,
nel giro di soli diciotto mesi l'output manifatturiero della regione era arrivato a coprire il 98% del valore di prima del disastro. L'export impiegò un anno, per arrivare a quota 85%. Nel giro di due anni, tutti i detriti erano stati rimossi e le infrastrutture riportate ai livelli ottimali di servizio.
La Borsa subì una caduta del 7,5 per cento nei giorni immediatamente successivi al disastro (come riferimento, il terremoto e lo tsunami che hanno colpito Sendai in questi giorni hanno fatto scendere la Borsa del 2 per cento), ma il PIL ebbe solo un leggero rallentamento e nei due anni successivi tornò in pareggio, anche grazie ai forti investimenti per la ricostruzione e l'ammodernamento delle infrastrutture.
La Kobe del dopo terremoto è molto diversa da quella che era prima. La città è stata ridisegnata dal punto di vista delle infrastrutture e dispone di sistemi di protezione anti-terremoto molto migliori e più affidabili. La lezione è stata utile, in effetti, e i risultati si sono visti in questo caso: i danni maggiori li ha causati lo tsunami, piuttosto che la scossa sismica. Una scossa che, è stato calcolato, è stata qualcosa come 178 volte più forte di quella del 1995.
Dal punto di vista economico, la regione di Sendai è meno importante di quella di Kobe: il suo valore, in termini di PIL, è inferiore al 2 per cento. Ospita, però, tre delle principali centrali nucleari del Paese, che stanno in effetti sollevando non poche preoccupazioni. Da tenere in considerazione, però, che
l'allarme nucleare è arrivato a Stage 4: nell'incidente di Three Mile Island, negli Stati Uniti (uno dei principali incidenti nucleari della storia, secondo solo a Chernobyl) l'allarme era arrivato a Stage 5.
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