Alla vigilia della Giornata mondiale dell'Acqua - 22 marzo -
Greenpeace aggiorna la
“Sfilata Detox”, una piattaforma online che valuta 18 marchi della moda impegnati nell’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose dalle proprie filiere e nella lotta all’inquinamento delle risorse idriche.
Adidas, Valentino e il Gruppo Inditex (che include marchi come Zara) continuano a rispettare i propri impegni lavorando attivamente e con obiettivi ambiziosi: insieme ad altri 13 marchi globali della moda sono tra i leader della Sfilata Detox.
Al contrario due marchi sportivi come
Nike e LiNing sono stati etichettati come “greenwashers” per il loro fallimento nel prendere impegni credibili. In occasione dell’aggiornamento della Sfilata Detox, viene inoltre lanciato il video “Come #Detox sta ripulendo la moda”:
“Ormai è evidente a tutti che è possibile produrre vestiti meravigliosi senza inquinare. Oggi il 10 per cento della filiera produttiva di vestiti e scarpe, a livello globale, è impegnato a eliminare le sostanze tossiche. Detox si sta imponendo come una nuova tendenza – commenta
Chiara Campione, Project leader della campagna #thefashionduel - E siamo particolarmente orgogliosi che delle trenta aziende che hanno preso l’impegno Detox ben dieci siano italiane. Pessimo invece è il voto che diamo a marchi di casa nostra come Diesel, Versace e Dolce&Gabbana”.
Insieme ai marchi come Valentino e Benetton, infatti, in Italia alcune tra le più importanti aziende del tessile hanno già aderito a Detox. Sono il
Gruppo Miroglio, Canepa, Italdenim, Zip, Besani, Berbrand, Tessiture Attilio Imperiali, e più recentemente Gritti Group, che grazie al loro impegno rendono disponibili sul mercato, non solo italiano, tessuti - dalla seta pregiata, al denim- ed accessori come zip e bottoni liberi da sostanze tossiche
“La Sfilata Detox di quest’anno mostra come 16 aziende della moda stiano già eliminando alcune delle sostanze chimiche più pericolose, ad esempio gli interferenti endocrini come perfluorurati, ftalati e nonilfenoli etossilati. Ma hanno anche iniziato a rendere noti i dati sull’inquinamento provocato dai loro fornitori su una piattaforma pubblica garantendo così, alle popolazioni locali, di sapere cosa viene scaricato nelle loro acque” conclude Campione.
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