Bastano due settimane di una dieta a zero pesticidi per abbattere e in alcuni casi azzerare
il contenuto di inquinanti nelle urine di una famiglia italiana.
Madre, padre, due bambini di 7 e 9 anni: per tutti loro,
per quasi tutte le sostanze chimiche analizzate, si passa da livelli di contaminazione alti a quantità molto basse e spesso sotto i limiti di rilevabilità.
La “decontaminazione” ha funzionato per alcuni degli insetticidi più utilizzati dall’agricoltura convenzionale
(clorpirifos e piretroidi) e per il glifosato, l’erbicida contro cui si è mobilitata l’opinione pubblica e una parte della ricerca a livello europeo e non solo. In complesso, su 16 analisi delle urine (quattro per ognuno dei membri della famiglia), ben 13 hanno dato risultati estremamente positivi, con significative differenze tra prima e dopo la dieta, e solo in un due casi non si sono registrati miglioramenti. In altre parole
la dieta bio ha avuto effetto su oltre l’80% delle analisi effettuate. Un’indicazione importante del fatto che la chimica contenuta negli alimenti da agricoltura convenzionale – anche in presenza di cibi che rispettano le soglie stabilite di
fitofarmaci, come capita nella maggior parte dei prodotti consumati in Italia – rimane e si accumula nel nostro corpo, con conseguenze che ancora non sono state totalmente studiate e comprese.
È quanto emerge dalla campagna #ipesticididentrodinoi - promossa da FederBio con ISDE-Medici per l’Ambiente; Legambiente, Lipu e WWF Italia - che ha analizzato il contenuto dei pesticidi nelle urine di una famiglia italiana, prima e dopo una dieta 100% bio.
I risultati finali sono stati resi noti in un incontro presso il Comando Carabinieri delle Politiche Agricole cui hanno partecipato – oltre a
Marta G. e Giorgio D., i due genitori della famiglia analizzata -
Paolo Carnemolla, presidente di FederBio;
Maria Grazia Mammuccini, portavoce della Coalizione #StopGlifosato;
Patrizia Gentilini, medico oncologo e membro di ISDE;
Franco Ferroni, responsabile Biodiversità e Politiche agricole WWF Italia;
Emanuela Pace, ricercatrice ISPRA – Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale;
Daniela Sciarra, responsabile Filiere agroalimentari Legambiente.I risultati delle analisi, elaborate a Brema in un laboratorio accreditato (il Medizinisches Labor Bremen - MLHB), hanno dato risultati indiscutibili.
L’insetticida clorpirifos, ad esempio, prima della dieta era presente nelle urine del bambino più piccolo con oltre
5 microgrammi per grammo di creatinina, un valore più di tre volte maggiore della media di riferimento che è 1,5 (microgrammi/g). Dopo quindici giorni di dieta biologica la concentrazione dell’inquinante è scesa a un valore di 1,8 microgrammi. Mentre nelle analisi del padre, Giorgio, la stessa sostanza – che era oltre tre volte la media di riferimento per la popolazione adulta– non è più rilevabile dopo la dieta.
Per il
glifosato, dopo la dieta tutti i valori sono sotto la soglia di rilevabilità. In Giorgio
raggiungeva concentrazioni pari a più del doppio della media della popolazione di riferimento (+116%): dopo 15 giorni di cibi senza chimica, le tracce di erbicida non ci sono più. E lo stesso è successo ai bambini. Prima dei 15 giorni, il più piccolo era a quota 0,19 microgrammi di glifosato per litro e la più grande a 0,16 rispetto a una media, per la popolazione di riferimento, di 0,12 microgrammi/litro: ora i residui di erbicida sono assenti.
Più complesse le analisi per rilevare, prima e dopo, la presenza di
piretroidi. Per farlo, occorre analizzare le molecole che l’organismo stesso produce degradando le sostanze chimiche. I
due metaboliti “sentinella” si chiamano Cl2CA e m-PBA. Per tutte e due le sostanze, le analisi della famiglia mostrano una diminuzione importantissima degli inquinanti: solo per Marta il valore rimane appena sopra la soglia di rilevabilità.
“L’ iniziativa che abbiamo condotto ci spinge a una seria riflessione sul fatto che se cerchiamo ‘i pesticidi dentro di noi’ è molto probabile che li troviamo. Ma su questo non ci sono monitoraggi su ampia scala: è incredibile che ancora oggi ci si ponga in maniera molto vaga il tema dell’effetto dei pesticidi all’interno del nostro organismo”, commenta
Maria Grazia Mammuccini,
dell’Ufficio di presidenza di FederBio e portavoce della campagna #StopGlifosato. “Misurare i livelli di inquinamento da fitofarmaci sui prodotti alimentari è il primo passo. Ma serve approfondire la conoscenza degli effetti che diverse e numerose sostanze hanno sulla nostra salute. Serve più ricerca, e soprattutto più ricerca indipendente dagli interessi economici, come ha dimostrato la stessa vicenda del glifosato”
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