È finalmente operativo l'impianto per l'
estrazione della CO2 dall'atmosfera che, nell'ambito del progetto europeo
Store&Go, è stato realizzato nella cittadina pugliese
di Troia. L'avvio ai lavori di sviluppo dell'impianto era stato dato lo scorso novembre. La tecnologia adottata è quella della svizzera
Climeworks, una delle due principali imprese - l'altra è la statunitense Carbon Engineering - che hanno creato sistemi ad alta efficienza per la cosiddetta
Direct Air Capture.
La DAC è una delle possibili strade per
eliminare CO2 dall'atmosfera, un passo essenziale se si vuole evitare che il riscaldamento globale superi
soglie pericolose. Non se ne parla molto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori ma è un
approccio considerato molto promettente, almeno a giudicare dai risultati offerti dai primi impianti sparsi per il mondo.
Storicamente si sono sviluppate
tre strade per eliminare CO2 dall'atmosfera terrestre, ma tutte hanno almeno un punto debole importante per cui non si possono considerare la soluzione definitiva.
La
riforestazione - È l'approccio classico: piantare nuovi alberi che consumino l'anidride carbonica naturalmente. Però è lenta e richiede grandi quantità di terreno.
L'opzione
BECCS - L'approccio
Bio-Energy with Carbon Capture and Storage (appunto BECCS prevede di usare come combustibile solo le biomasse, che per formarsi consumano CO2, e "catturare" sul nascere l'anidride carbonica che si forma quando i combustibili vengono usati, evitando che vada nell'atmosfera. Richiede molta biomassa (quindi terreno per produrla) e pone il problema dello stoccaggio della CO2.
L'
enhanced weathering - Prevede di distribuire grandi quantità di minerali la cui dissoluzione progressiva, per azione della pioggia, comprende reazioni chimiche che assorbono anidride carbonica dall'aria. È costoso e ha come effetto collaterale una variazione nella salinità dei mari.
Nemmeno la DAC è una soluzione "totale" perché
ha un costo elevato. Alcuni studi del 2011 ponevano il costo della DAC ad
almeno 550 dollari per tonnellata di CO2 estratta, cifra che più probabilmente arrivava in media al doppio. Però è una tecnologia recente e il suo sviluppo potrebbe portare a un drastico abbassamento dei costi. Almeno, così sostengono decisamente i suoi sostenitori.
Come funziona la Direct Air Capture
Nel loro
funzionamento i vari sistemi DAC sul mercato sono piuttosto simili. L'aria atmosferica viene risucchiata da ventole in un ambiente controllato dove entra a contatto con un filtro, all'interno del quale un elemento chimico
cattura e fissa le molecole di CO2. L'aria priva di anidride carbonica viene reimmessa nell'atmosfera, mentre il filtro pieno di CO2 viene sottoposto ad altre reazioni chimiche e riscaldato. Il risultato finale è la generazione di
anidride carbonica pura, che viene immagazzinata.
Meglio ancora, la CO2 "fissata" viene legata con altri elementi chimici per produrre
combustibile da rivendere e quindi rendere più conveniente tutto il processo. Succede anche nell'impianto di Troia: unendo la CO2 con l'idrogeno si arriva a
idrocarburi di sintesi. È una opzione molto interessante per rendere "carbon neutral" i sistemi di trasporto che non possono ricorrere alle fonti rinnovabili, come quelli aereo e navale.
L'obiettivo ora è
abbassare il costo della DAC tanto da farla diventare il sistema di eliminazione preferenziale - mai l'unico, comunque - dell'anidride carbonica. L'obiettivo è scendere
sotto i cento dollari per tonnellata di CO2 catturata. Di strada da fare ce n'è e anche Climeworks indica che la soglia dei cento dollari è superabile con sistemi su larga scala, parecchio superiore a quelli attuali. Ma vale decisamente la pena andare avanti.
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