WWF: in Italia metà delle specie e l’89% degli habitat protetti da Direttive UE in cattivo stato
Pubblicato il: 26/10/2020
Autore: Redazione GreenCity
La lince è praticamente scomparsa dal nostro paese: ne restano meno di 10 individui. Anche il cervo italico è pressoché estinto in natura e ne restano solo alcuni esemplari nel gran bosco della Mesola.
Secondo i dati elaborati dal WWF nel dossier “La biodiversità in Italia: status e minacce” sulla base del report dell’Agenzia Europea dell’Ambiente in Italia
oltre la metà delle specie protette dalle Direttive Natura sono in cattivo stato di conservazione, che sale all’89% per gli habitat tutelati. Tra le minacce principali, al primo posto compare l’agricoltura, che mette a rischio ben il 68% degli habitat tutelati, seguita dallo sviluppo di infrastrutture e da specie aliene (che impattano oltre la metà degli habitat tutelati), a cui iniziano a sommarsi anche gli effetti sempre più sensibili dei cambiamenti climatici. Il risultato è una natura spezzettata, come tanti pezzi preziosi di un puzzle che fa fatica a ricomporsi e che non riesce a rendere, nel suo insieme, quel servizio ecosistemico che solo la connessione tra gli elementi può garantire.
Purtroppo i dati del nuovo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente sullo stato di attuazione delle Direttive Europee sulla Natura (Direttiva Habitat e Uccelli), basati sui dati raccolti da ISPRA e dalle regioni e rielaborati da WWF Italia insieme a quelli delle Liste Rosse italiane e della Società Italiana di Biologia Marina, mostrano un quadro ancora desolante: il 52% delle 570 specie di fauna italiana protette dalla Direttiva Habitat mostrano uno stato di conservazione inadeguato o sfavorevole, che raggiunge il 55% per gli invertebrati di interesse comunitario, il 64% per gli anfibi e addirittura l’80% per i pesci, molti dei quali presentano anche trend di popolazione in diminuzione. Anche a livello di habitat i dati sono chiari: l’86% degli Habitat in Direttiva hanno uno stato di conservazione inadeguato (47%) o sfavorevole (39%), con percentuali particolarmente preoccupanti per gli habitat dunali (71%).
E anche gli esempi di alcuni specie chiave rappresentano bene questa situazione:
la lince (Lynx lynx) è praticamente scomparsa dal nostro paese, con meno di 10 individui prevalentemente transfrontalieri, e il cervo italico (Cervus elaphus italicus), pressoché estinto in natura e sopravvissuto solo nel gran bosco della Mesola. Ma segnali di speranza giungono da altre specie iconiche a rischio:
la rarissima aquila di Bonelli (Aquila fasciata), minacciata dal prelievo illegale, che anche grazie al rafforzamento della sorveglianza dei nidi in progetti europei (come il LIFE ConRaSi guidato dal WWF) appare finalmente in ripresa; la lontra (Lutra lutra), in drastico declino in tempi storici, vede negli ultimi anni una lenta ripresa; così come la tartaruga marina Caretta caretta, appare in espansione, che tuttavia potrebbe essere in parte dovuta ai cambiamenti climatici.
“Occorre cambiare passo nella nostra capacità di conservare gli ecosistemi e le specie di casa nostra, vera base nascosta della nostra sopravvivenza e delle nostre economie. È evidente che in questi 10 anni non si è fatto abbastanza, ma investimenti seri in conservazione e ripristino degli ecosistemi degradati, finalmente possibili dedicando una quota adeguata del recovery fund, rilanciando le ambizioni della nuova Strategia Europea per la Biodiversità, possono invertire questi trend e restituirci un valore di gran lunga superiore -
dichiara Marco Galaverni, direttore scientifico WWF Italia -.
La crisi climatica è solo l’altra faccia della crisi biologica che stiamo vivendo: solo risolvendo entrambe potremo garantirci un futuro di prosperità. Non possiamo più ignorare questi temi perché non abbiamo più tempo, dobbiamo agire subito”.
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