Quanta acqua serve per produrre i chicchi di caffè che finiscono in una sola tazzina? E per un piatto di pasta o una semplice mela? Oggi è possibile saperlo con un semplice click grazie al progetto del
Politecnico di Torino “
Water To Food”: un progetto di comunicazione di dati e informazioni sull’impatto che la produzione e il commercio internazionale di cibo hanno sulle risorse idriche mondiali e locali.
Nato dal progetto di ricerca europeo
Coping with WAter Scarcity In a globalized world, CWASI, coordinato da
Francesco Laio docente presso il
Dipartimento di Ingegneria per l’ambiente, il territorio e le infrastrutture del Politecnico, Water to Food nasce
durante il lockdown da un’idea delle tre giovani ricercatrici
Benedetta Falsetti,
Carla Sciarra e
Marta Tuninetti che nell’ultimo anno hanno lavorato al fianco di un team di esperti in comunicazione digitale.
Water to Food ha l’obiettivo di mettere a disposizione della società i dati riguardanti l’acqua virtuale contenuta nel cibo che si consuma, ovvero l’acqua che,
prelevata da una nazione per coltivare e lavorare un determinato bene, si sposta con esso dal posto di produzione al posto di consumo.
Questi dati, prodotti negli anni dalla squadra di ricercatori e ricercatrici del progetto CWASI , sono
oggi facilmente accessibili e leggibili da chiunque voglia informarsi sul tema, magari proprio nel momento in cui è tra i corridoi del supermercato e sta decidendo cosa comprare: basta collegarsi al sito
watertofood.org e accedere alla sezione
Play with data, e controllare
il valore della “water footprint” l’impronta idrica del prodotto, analizzando le differenze tra i posti diversi di produzione.
E così si può scoprire che per produrre
un chilo di caffè etiope servono più di undicimila litri di acqua e che l’Italia importa dall’Etiopia circa 95 milioni di metri cubi di acqua proprio sotto forma di chicchi da tostare. E ancora per la pasta: tra i vari stati da cui proviene il grano, l’Italia importa da Russia, Australia, Stati Uniti e Canada, stato da cui importa più di un miliardo di metri cubi di acqua virtuale. Considerando che il Lago di Garda ha un volume di circa 50 chilometri cubi, si stima che il volume totale di acqua virtuale che
l’Italia importa sotto forma di cibo nel corso di un anno sia circa 1750 chilometri cubi (secondo una stima fatta per l’anno 2016), volume che corrisponde a circa 35 volte il volume, appunto, del lago di Garda.
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