Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente, i trasporti sono responsabili di gran parte delle emissioni di gas a effetto serra nell’UE. In particolare, ai mezzi su gomma è addebitato oltre il 70% delle emissioni generate nel settore dei trasporti. Inoltre, in tutti i grandi centri abitati i trasporti costituiscono una fonte significativa di inquinamento atmosferico, con il particolato e il biossido di azoto che danneggiano la salute umana, oltre che l’ambiente. La Commissione europea ha formulato nel 2018 una strategia di decarbonizzazione dei trasporti mirata all'azzeramento delle emissioni di gas serra nell’UE entro il 2050.
A livello globale la situazione è anche più complessa: l'Agenzia Internazionale dell'Energia stima un'importante crescita nei prossimi anni della domanda di energia da parte dei Paesi in via di sviluppo, dove si assisterà a un aumento della popolazione, dell'urbanizzazione e del conseguente sviluppo di infrastrutture. Sarà quindi necessario mediare fra l'esigenza di accesso all'energia e l'obiettivo di decarbonizzazione, e le aziende private dovranno non solo accogliere ma guidare questo cambiamento, insieme alle parti politiche.
Eni, una delle più importanti società dell’energia, ne è consapevole e si è prefissata l'obiettivo di raggiungere la piena decarbonizzazione dei propri prodotti e processi entro il 2050. Non solo: l’azienda sta avviando una serie di iniziative in diversi Paesi del continente africano per sviluppare la filiera dei biocarburanti, garantendo entrate dirette agli agricoltori e creando nuove opportunità di lavoro.
L'esperienza italiana
Il percorso che Eni ha deciso di intraprendere per il raggiungimento degli obiettivi preposti parte da lontano, con l'esperienza maturata sul territorio italiano. L'azienda ha convertito le raffinerie di Venezia e di Gela, in Sicilia, in bioraffinerie dove si producono biocarburanti. A Porto Marghera (Venezia)
dal 2014 Eni produce HVO, olio vegetale idrogenato. Nel 2020, a fronte di una capacità autorizzata di 400mila tonnellate/anno, Eni ha lavorato circa 220mila tonnellate di materie prime delle quali oltre il 25% erano costituite da oli alimentari usati e di frittura, grassi animali e altri oli vegetali di scarto.
A Gela invece Eni ha inaugurato nel 2019 la più innovativa bioraffineria d’Europa, che ha una capacità di lavorazione fino a 750.000 tonnellate annue, ed è in grado di trattare quantità elevate di oli vegetali usati e di frittura, grassi animali, alghe e sottoprodotti di scarto per produrre biocarburanti di alta qualità.
In sostanza, le bioraffinerie giocheranno un ruolo chiave per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione di Eni, che per questo intende quintuplicare la loro capacità entro il 2050.
I progetti internazionali
Le esperienze descritte sopra sono all'origine dei progetti che Eni ha avviato nel continente africano, dove il know-how finora maturato sarà funzionale alla realizzazione di bioraffinerie e produzioni agricole finalizzate alla produzione di biocarburanti. In particolare, gli accordi riguardano la Repubblica del Congo e l’Angola per lo sviluppo del settore degli agro-biocarburanti e il Kenya per lo sviluppo di biocarburanti e la conversione di una raffineria in bioraffineria. Sono stati avviati inoltre colloqui con il Benin, il Ruanda e il Mozambico per discutere le opportunità di sviluppo nella filiera agro-industriale.
Denominatore comune di questi progetti è la volontà di Eni di contribuire concretamente all'accelerazione della transizione energetica nei Paesi esportatori di fonti fossili, dando al continente africano l'opportunità di integrarsi nella catena del valore dei biocarburanti e di beneficiare delle ampie opportunità di sviluppo nel lungo termine.
Come ha sottolineato l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi
, "in Africa non si può pensare di passare subito all'idrogeno o alla mobilità elettrica - con 600 milioni di persone senza accesso all'elettricità". In compenso, l'Africa ha un fortissimo potenziale agricolo e ci sono le condizioni per
"trasformare i terreni marginali e desertici in coltivazioni di varietà non in conflitto con l'alimentazione come il ricino, che sostituisca l'olio di palma per alimentare il comparto delle bioraffinerie che possono usare biomasse. In molti paesi l'agricoltura è pronta; in Kenya, Congo, Angola, Benin creiamo agrihub che producono in loco olio non alimentare e residui agricoli, come i residui del cotone, che possono essere inviati alle nostre bio-raffinerie" ha concluso Descalzi.
Il progetto kenyota
Il Kenya si è prefissato di ridurre le proprie emissioni del 32% entro il 2030. Centrare l'obiettivo coronerebbe il Paese come modello e punto di riferimento per il Continente.
Grazie al sostegno del Presidente Uhuru Kenyatta e di enti internazionali quali CDP, la Banca europea per gli investimenti, la IFC World Bank e la Banca africana di sviluppo, Eni ha avviato dei progetti che consentiranno da una parte di centrare questo obiettivo, dall'altra di dare alle comunità locali l'accesso a risorse energetiche sostenibili, così da ridurre la dipendenza dai costosi e inquinanti combustibili fossili di importazione.
I passaggi chiave del
progetto abbracciano diversi settori. L’azienda sta studiando la possibilità di convertire la raffineria di Mombasa in bioraffineria grazie all'esperienza accumulata a Venezia e a Gela. In questo sito si produrranno HVO diesel e SAF (il carburante sostenibile per l’aviazione) e la bioraffineria sarà alimentata da olio alimentare usato e correttamente smaltito, ma anche dal frutto di colture appositamente studiate con il Dipartimento dell'Agricoltura del Kenya per approvvigionare la bioraffineria.
Il progetto così concepito genera opportunità di lavoro e crescita del PIL, senza entrare in competizione con la catena alimentare del Paese. Verrà valutata anche la coltivazione di ricino grazie alla sua resistenza alla siccità, e al fatto che cresce in aree inadatte alla produzione alimentare. Gli agricoltori saranno avvantaggiati dalla nuova produzione, che costituirà di fatto una fonte aggiuntiva di reddito.
Il progetto prenderà il via all'inizio del 2022 con le coltivazioni, i cui prodotti saranno inizialmente esportati per la lavorazione nelle due bioraffinerie italiane. Una volta completata la conversione della bioraffineria di Mombasa, quest'ultima potrà produrre 250.000 tonnellate di biocarburante all'anno da olio vegetale e olio alimentare usato e dare lavoro a circa 400 persone. Sarà il primo impianto per la produzione di biocarburanti in Africa.
Il terzo tassello importante del progetto kenyota è la creazione di un impianto di bioetanolo di seconda generazione (2G), anche grazie al supporto di partnership e finanziamenti internazionali. Saranno di fondamentale importanza nell'ambito della decarbonizzazione, se si tiene in conto che il Kenya importa ogni anno da 1,5 a 2 milioni di tonnellate di benzina. Usare bioetanolo permetterebbe di ridurre l'inquinamento prodotto dal trasporto e dalla cottura dei cibi. Inoltre, costruendo l’impianto nell'area occidentale del Paese si potrebbero sfruttare i rifiuti agricoli degli zuccherifici e produrre 50 chilotonnellate di bioetanolo l'anno.
Congo, Angola e Benin
Eni ha sottoscritto accordi con la Repubblica del Congo e la Repubblica dell'Angola per lo sviluppo di progetti relativi agli agro-biocarburanti. Sia il Congo che l'Angola, come il Kenya, saranno inseriti nella filiera dei biocarburanti come produttori di olio di ricino e altre oleaginose, con gli stessi vantaggi descritti per gli altri Paesi.
Nel caso del Congo la fase pilota è iniziata a ottobre 2021, con la semina di ricino su oltre 200 ettari di terreno, su cui sono impiegate circa mille persone. Nella fase di sviluppo industriale sono previste coltivazioni su 150.000 ettari con 90.000 addetti stimati entro il 2030.
In Angola verranno sviluppate coltivazioni a basso ILUC (Indirect Land-Use Change, tasso di cambiamento della destinazione dei terreni), come il ricino su terreni degradati e le colture intercalari in rotazione con i cereali. In base al protocollo d’intesa per la decarbonizzazione sottoscritto a ottobre 2021 da Eni, ANPG e Sonangol, si valuteranno opportunità di business nei settori della raccolta dei rifiuti, con lo scopo di valorizzare la frazione organica, e della bioraffinazione.
Anche il Benin, in virtù della propria vocazione agricola, potrebbe essere coinvolto nella coltivazione di ricino e nella raccolta di scarti agricoli destinati ad alimentare le bioraffinerie. L’AD di Eni Claudio Descalzi ha incontrato a ottobre 2021 il Presidente del Benin, Patrice Talon, per discutere delle possibili collaborazioni. Nel Paese, infatti, c'è un'importante produzione agricola di cotone, i cui sottoprodotti possono essere valorizzati per alimentare le bioraffinerie, nell'ambito di una strategia di economia circolare.
Di recente, inoltre, l’AD di Eni ha incontrato il Presidente del Mozambico e il Presidente del Ruanda per discutere le opportunità di sviluppo nella filiera agro-industriale nei due Paesi.
In collaborazione con Eni
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