Siamo a rischio estinzione? A sentire gli italiani non è una cosa da escludere. L'86% delle persone intervistate ritiene, infatti, che la crisi climatica e ambientale possa mettere a repentaglio le società umane, se non si cambia decisamente rotta. Più del 45% degli intervistati, addirittura, pensa che la scomparsa di quasi ogni essere umano sia abbastanza o molto probabile. È il dato più sconvolgente che emerge dall'indagine "Le emergenze ambientali e il rischio di estinzione secondo gli italiani”, effettuata da AstraRicerche per Greenpeace Italia, su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 15 e i 70 anni.
Le più spaventate dalle prospettive di estinzione completa o parziale dell'umanità sono le donne della Gen Z e quelle della Gen X: se il 48,7% del campione pensa che tali scenari siano molto probabili, la percentuale sale in questi segmenti al 60%, a conferma di quella che ormai viene definita "ecoansia”, ovvero la crescente preoccupazione delle giovani generazioni verso gli impatti della crisi climatico-ambientale.
Dalla ricerca emerge in modo ancora più netto la percezione del rischio di estinzione delle specie animali, che è molto/abbastanza probabile per il 93% degli intervistati (con solo un 2,6% che la considera per nulla probabile). Un dato che d'altra parte riflette i risultati del monitoraggio scientifico: il recente aggiornamento della lista rossa dello IUCN (Unione internazionale per la conservazione della natura) comprende ben 150.388 specie, delle quali 42.108 sono minacciate di estinzione. E la crisi climatica è uno dei maggiori fattori di rischio: oltre 1.550 dei 17.903 animali e piante marini valutati, per esempio, sono a rischio di estinzione, con il cambiamento climatico che colpisce almeno il 41% delle specie marine minacciate.
LE SPEDIZIONI DI GREENPEACE CON IL COMITATO GLACIOLOGICO ITALIANO
Quello che è certo è che nessun luogo è ormai al riparo dagli effetti della crisi climatica. Per questo, a fronte dell'estate più calda mai registrata nella storia – con una temperatura media globale di 16,77°C, pari a 0,66°C sopra la media – Greenpeace continua a portare avanti il proprio impegno per difendere l'ambiente da ogni genere di minaccia. In particolare, negli ultimi mesi, l'Associazione ha effettuato insieme al Comitato Glaciologico Italiano (CGI) due spedizioni sui maggiori ghiacciai italiani, per monitorare lo stato di salute di queste sentinelle della crisi climatica che rischiano di scomparire a causa dell'aumento delle temperature.
La prima spedizione si è svolta sul ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina, durante l'eccezionale ondata di calore registrata nel mese di agosto. Le misurazioni hanno messo in evidenza una perdita del 50% in più di spessore per fusione rispetto al 2022, determinando la liberazione di una grande quantità di acqua che nei prossimi anni causerà una riduzione enorme dei volumi del ghiacciaio e quindi anche un minor rilascio idrico estivo, con impatti non trascurabili anche in pianura.
Obiettivo della seconda spedizione è stato il ghiacciaio del Miage, in Valle d'Aosta, per misurare la fusione annuale del ghiacciaio e monitorare la conservazione della riserva di acqua dolce. Dal 2008 al 2022 il Miage ha perso oltre 23 metri di spessore a causa della crisi climatica e 100 miliardi di litri d'acqua. Questo significa che ci saranno sempre meno risorse idriche durante le estati secche e calde dei prossimi anni.
LE PROVE DELLA CRISI CLIMATICA SONO ORMAI EVIDENTI. MA CHI DEVE INTERVENIRE?
La situazione drammatica dei ghiacciai si intreccia con e aggrava la siccità che colpisce l'Italia con sempre maggiore frequenza: perché senza i ghiacciai vengono meno quelle vitali riserve d'acqua dolce, essenziali sia per gli ecosistemi sia per le attività umane, a partire dall'agricoltura. E se questa è la situazione, ormai sempre più critica su tutti i fronti, chi può/deve fare qualcosa per impedire che si verifichino gli scenari più catastrofici? Gli italiani affidano tale responsabilità, in primo luogo, ai Governi e agli Stati (67,4%), seguiti dalle Istituzioni mondiali (57,3%). Al terzo posto vengono indicati i cittadini e le famiglie (40%), seguite da enti locali che operano sul territorio (37,9%), imprese, aziende e loro associazioni (35,7%) e, in ultimo, dalle organizzazioni della società civile, gli enti del non profit/del terzo settore (34,1%).
Qual è quindi il compito di organizzazioni come Greenpeace? Il solito: spingere e costringere governi, istituzioni, aziende – chiunque abbia il potere di cambiare le cose – a fare il proprio dovere.
"La fusione dei ghiacciai montani, la siccità ricorrente, gli eventi estremi del 2023 indicano che la crisi climatica è evidente anche in Italia”, commenta Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia: "I segnali ci sono tutti. Dobbiamo ascoltare questi campanelli d'allarme non per disperarci, ma per investire sulle soluzioni. Dobbiamo finalmente invertire la rotta e avviare quella transizione ecologica che è l'unico antidoto possibile alla crisi ambientale. Il ruolo di Greenpeace è quello di suggerire la rotta e spingere il mondo politico e quello economico ad andare nella giusta direzione. Lo dobbiamo a noi, e alle generazioni future ".
Per queste ragioni devolvere il 5x1000 a Greenpeace Italia significa fare vela insieme all'organizzazione ambientalista verso la speranza, per la protezione del nostro Pianeta e di tutte le specie, a partire da quella umana. Non un gesto di beneficenza, ma un atto di sopravvivenza, perché l'ambiente siamo noi.
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