Artide, Antartide e ghiacciai alpini come Himalaya, Alpi, Patagonia, Alaska e altri: il 40% del pianeta è coperto da ghiacci e manti nevosi, un sistema di raffreddamento che si sta rompendo a causa del riscaldamento globale.
Il Report ‘Ghiaccio bollente’ del WWF, una visione planetaria sulla riduzione dei ghiacci del pianeta ed i suoi effetti su specie e uomo basata sulle più recenti evidenze scientifiche, segnala la preoccupante riduzione dei ghiacci delle zone polari: qui l’aumento della temperatura media è il doppio di quella registrata nel resto del globo.
In
Artide nel 2012 i ghiacci marini estivi hanno raggiunto un posizione minima, quasi il 50% e la calotta artica si sta riducendo in maniera drastica.
Al
Polo nord se il riscaldamento globale dovesse continuare con il trend attuale gli esperti prevedono che
prima della metà del secolo il mare Artico sarà praticamente privo di ghiacci nei mesi estivi. Anche il continente di ghiaccio,
l’Antartide, si è riscaldato di circa 3°C negli ultimi 50 anni: in questo arco di tempo l’87% dei suoi ghiacciai si sono ritirati e ben 9 piattaforme di ghiaccio hanno subito un significativo collasso.
Il ‘terzo polo’ freddo della Terra, ovvero, i ghiacciai cosiddetti ‘alpini’ (Alpi e Himalaya, Patagonia, Alaska, ma anche Caucaso e Urali, Kilimangiaro e Ruwenzori in Africa, etc.) vede una riduzione fino al 75%, in particolare quelli sotto ai 3000 metri. Sulle nostre Alpi si è passati dai 519 km2 del 1962 agli attuali 368 km2, il 40% in meno.
Il problema non è così remoto come sembra:
dal ghiaccio del pianeta dipendono risorse idriche, mitigazione del clima, equilibrio degli Oceani, emissioni di gas serra. Lo scenario peggiore per l’IPCC al 2100 prevede un innalzamento del livello dei mari da 52 a 98 centimetri. Le ripercussioni sulle società umane sarebbero enormi. Attualmente il 60% della popolazione si trova concentrato sulle zone costiere del mondo entro i 100 km dalla costa.
I ghiacciai alpini, ad esempio, sono il serbatoio di acqua dolce durante le stagioni estive e secche, dunque fondamentali per
agricoltura e industria. 2 miliardi di persone soffriranno per la scarsità di acqua dovuta alla perdita dei ghiacci alpini asiatici (un quarto della popolazione attuale) : 7 grandi fiumi sono infatti alimentati dai ghiacciai himalayani tra cui Brahmaputra, Gange, Indo, Mekong.
Il 95% dell’agricoltura è alimentata dai ghiacciai del Karakorum mentre in India il 65% dell’agricoltura è collegata ai ghiacciai dell’Himalaya.
Anche il
clima dei paesi europei che si affacciano sull’Atlantico, compresi quelli del nord, potrebbe risentire dell’effetto fusione: il nastro trasportatore naturale degli oceani, di cui fa parte la corrente del Golfo (che nasce nel Golfo del Messico), ha consentito ad esempio a Gran Bretagna, Irlanda, Francia, e paesi scandinavi di godere di un clima mite nonostante la latitudine: la composizione salina degli oceani per effetto della fusione dei ghiacci polari rischia di
rompere questa pompa di calore. Inoltre si potrebbe rompere l’equilibrio per i
4 milioni di abitanti indigeni(tra cui le piccole popolazioni di Inuit, Yupik e Sami) che hanno sempre vissuto in maniera integrata e sostenibile nella difficilissima regione artica.
Moltissime
città potrebbero essere sommerse per l'innalzamento dei mari e gli eventi estremi, in particolare quelle costiere. Tra le grandi città a rischio ci sono
Miami, New York, Shangai, Bangkok, Mumbai, Londra, Amsterdam, Alessandria d'Egitto. Il 70% delle coste del mondo subirà forte modificazioni . L’innalzamento dei mari , dovuto alla fusione dei ghiacci, e l’aumento degli eventi meteorologici estremi, minaccia i
360 milioni di abitanti delle grandi metropoli costiere.“
Lo scioglimento dei ghiacci della Terra riguarda animali cui siamo molto affezionati, ma riguarda molto vicino anche gli esseri umani: la lettura del quadro d’insieme è impressionante – dichiara il WWF -
Il 2015 è un anno cruciale per le decisioni che la comunità internazionale dovrà prendere, a partire dal Summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per i prossimi 15 anni (New York 25-27 settembre) e la COP21 di Parigi sul Cambiamento Climatico. Uscire dai combustibili fossili, a partire dal carbone, deve essere l’obiettivo ineludibile dell’intera umanità, è la condizione per cercare di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e scongiurare gli scenari più catastrofici. Conosciamo i rischi, grazie alle ricerche scientifiche e, purtroppo, anche dalle osservazioni sul campo nel lavoro che come WWF svogliamo tutti i giorni. Nelle aree montuose in tutto il mondo e nelle regioni artiche e antartiche, le popolazioni locali guardano spaventate il loro mondo che si trasforma e considerano il cambiamento climatico una minaccia presente e un possibile incubo futuro. E questi stravolgimenti non rischiano di riguardare soltanto loro. Oggi possiamo agire, oggi dobbiamo agire: abbiamo le alternative ai combustibili fossili pronte, sono fonti rinnovabili e pulite; insieme all’uso razionale ed efficiente di energia e materiali, possiamo farcela e offrire a tutti nuove opportunità”.
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