"Il carbone pulito non esiste" con questo striscione e con una barca carica di
sacchi di carbone, gli attivisti di
Greenpeace presidiano l'accesso all'aula consigliare di
palazzo Ferro-Fini sede del Consiglio Regionale sul canal Grande a Venezia.
Lo scopo del bliz è quello di impedire ai legislatori di modificare l'articolo 30 della legge 36 del 1997, cioè quella che istituiva il
parco regionale del delta del Po. Se la legge fosse modificata si consentirebbe la conversione a carbone della centrale di
Porto Tolle.
Il responsabile della campagna di Greenpeace
Andrea Boraschi spiega con queste parole le ragioni che hanno spinto Greepeace ad agire: "Il progetto di riconversione presentato da
Enel sarebbe gravemente nocivo al clima, al territorio, al turismo, alla salute e anche all'occupazione. Una centrale a carbone nel delta del Po comporterebbe l'emissione annuale di 10 tonnellate di
anidride carbonica, pari a quattro volte le emissioni annuali di una città come Milano, di 2.800 tonnellate di ossidi di azoto (quanto 3,5 milioni di auto nuove) e di 3.700 tonnellate di ossidi di zolfo, pari a oltre il doppio del carico inquinante in un anno dell'intero settore trasporti in Italia".
La richiesta di Greenpeace è di convertire a metano l'attuale centrale o, in alternativa, richiede a Enel di investire in energie rinnovabili tanto quanto previsto per la riconversione a carbone del vecchio impianto a olio combustibile.
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