Sono
oltre 400 mila i cani e i gatti che ogni anno vengono importati illegalmente dall’estero per essere venduti sul mercato nero a prezzi che oscillano tra i 60 ed i 1.200 euro per un valore di circa 300 milioni di euro. E’ quanto emerge da un’analisi di
Coldiretti sull’ultimo Rapporto Agromafie.
Il traffico di animali – spiega Coldiretti – rappresenta uno dei fenomeni malavitosi a maggior impatto sociale visto che
una casa italiana su tre (32%) ospita almeno uno o più animali da compagnia che spesso diventano veri e propri componenti del nucleo familiare per un totale di oltre 14 milioni di cani e i gatti di tutte le razze, tagli ed età.
Ma quelli che arrivano con la tratta clandestina – sottolinea Coldiretti – sono di solito cuccioli di poche settimane, quasi sempre non svezzati e ovviamente
senza microchip d’identificazione richiesto dalla legge. Questi esemplari, assai spesso imbottiti di farmaci per farli apparire in buona salute, vengono introdotti nel territorio nazionale accompagnati da una documentazione contraffatta che ne attesta la falsa origine italiana e riporta trattamenti vaccinali e profilassi mai eseguiti.
Gli animali sono il più delle volte trasportati nascosti e pressati dentro contenitori, doppi fondi ed altri ambienti chiusi, stipati in furgoni e camion che percorrono lunghi tragitti. Un trattamento
che aumenta anche del 50% il rischio di morte.
Quello di cani e gatti illegali – sottolinea l’ultimo Rapporto Agromafie – è un commercio che talvolta si realizza anche con la complicità di
alcuni allevatori e negozianti italiani che “riciclano” nel mercato legale animali di provenienza illegale. Il traffico di animali da compagnia costituisce un danno per tutte le parti coinvolte, ad eccezione di chi lo gestisce.
Ad esserne colpiti sono, oltre che gli allevatori ed i rivenditori onesti, in primo luogo gli animali stessi, vittime quasi sempre di maltrattamenti ed abusi. E se un cucciolo di razza offerto dal mercato illegale arriva a costare anche solo un ventesimo di quanto si spende nella filiera legale dell’allevamento, si tratta tuttavia solo di un “risparmio apparente” – evidenzia Coldiretti – visto che
l’acquisto di cuccioli di razza attraverso circuiti non legali si traduce assai spesso in una spesa maggiore a lungo termine in cure mediche oppure addirittura nella morte dell’animale malato.
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