AssoEcoPlast si è detta soddisfatta per il via libera della commissione Ambiente della Camera all'indagine conoscitiva sulle
plastiche biodegradabili volta a verificare le caratteristiche di manufatti e imballaggi in plastica e la loro reale rispondenza ai requisiti di "biodegradabilita'' previsti dalla normativa comunitaria.
"Finalmente un'occasione per fare chiarezza su questo argomento - commenta il Presidente di AssoEcoPlast,
Claudio Maestrini - visto che l'indagine conoscitiva sulle plastiche biodegradabili permetterà di delineare un quadro preciso riguardo ai requisiti di biodegradabilità e compostabilità". La commissione Ambiente della Camera, infatti, ha dato il via libera a un'indagine conoscitiva per approfondire il tema delle plastiche biodegradabili e degli
shopper.
AssoEcoPlast è particolarmente soddisfatta per questo primo risultato perchè "potrebbe essere un modo per evitare quelle norme anti-ambientali e monopoliste contenute nel Dl Ambiente già approvato".
In questo modo si valuterà la reale rispondenza di manufatti e imballaggi rispetto ai
requisiti di "biodegradabilità", rivalutando anche l'uso e l'utilizzo di plastiche biodegradabli con additivi la cui efficacia sia scientificamente dimostrata, "una soluzione complementare altrettanto valida della cosiddetta bioplastica di derivazione amidacea. Sarà così possibile chiarire che la bioplastica va destinata esclusivamente al compostaggio e non rappresenta la migliore soluzione al problema dell'accumulo dei rifiuti plastici nell'ambiente che giustamente preoccupa tutte le Associazioni ambientaliste.
Il DL Ambiente, nel testo emanato dal Governo, non tiene infatti in considerazione il progresso scientifico degli ultimi anni che rende la plastica biodegradabile attraverso
l'uso di specifici additivi verdi – come certificato da importanti enti scientifici internazionali (in Italia il BioLab dell'Università di Pisa, guidato dal prof. Emo Chiellini), oltre che a totalmente riciclabile.
Considerando "biodegradabili" esclusivamente le plastiche conformi alla
EN 13432, così come previsto dal Dl Ambiente, si imporrebbero "limitazioni non supportate da una certezza scientifica e da una sostenibilità ambientale, oltre al fatto di favorire pochissimi operatori a discapito di centinaia di aziende del mercato della plastica per imballaggi, che non avrebbero più la possibilità di competere a pari condizioni,
mettendo a rischio 8/10.000 posti di lavoro su tutto il territorio nazionale e, in pratica, un'intera filiera industriale. A ciò si aggiunge una perdita di fatturato di quasi un miliardo di euro, che in gran parte finirebbe all'estero, con serie conseguenze negative anche sulle entrate fiscali".
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