“E’ ora che i governi, compreso quello italiano che promuove il carbone e le trivellazioni in mare, si diano da fare per rappresentare concretamente gli interessi delle popolazioni, sempre più vittime del cambiamento climatico, e non quelli delle imprese fossili, dai petrolieri a chi costruisce centrali a carbone, che di tutto questo sono responsabili” dichiara
Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di
Greenpeace Italia.
Greenpeace chiede ai governi riuniti a Doha per la
Conferenza delle Parti della Convenzione Onu sul Cambiamento Climatico che si accordino per un secondo periodo di impegni, senza permettere che il mercato dei diritti di emissione si riveli ancora una opportunità per le aziende di acquistare a basso costo il diritto di alterare il nostro clima. Ad oggi sono ancora a disposizione dei grandi emittitori di gas serra diritti residui per
13 miliardi di tonnellate di CO2, equivalenti a 2,5 volte le emissioni annue dell’Europa.
Negli ultimi cinque anni, l’aumento dell’uso del carbone è stato responsabile di due terzi dell’incremento delle
emissioni globali di CO2 e ormai istituzioni come la
Banca Mondiale, la Cia e l’Unep lanciano allarmi molto chiari sui rischi che stiamo correndo.
“Purtroppo, l’economia mondiale sta accelerando nella direzione sbagliata. Per rimetterla in carreggiata a Doha ci vuole una leadership forte e lungimirante che definisca subito obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di gas serra per dare un segnale chiaro agli investitori su quale sarà il sistema energetico mondiale” sottolinea Boraschi.
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