Goletta Verde quest’anno salpa dalla Croazia per creare un fronte comune
contro le trivellazioni petrolifere nell’Adriatico, a partire dalle nuove richieste avanzate dalle compagnie, per scegliere un diverso sviluppo economico, sociale e ambientale per quest’area. Un appello promosso da Legambiente e lanciato oggi a Rovigno insieme alla coalizione ambientalista croata SOS Adriatico e numerose altre associazioni, sigle e cittadini. Il manifesto
#StopSeadrilling - NO OIL è un impegno comune per il futuro del mare Adriatico che vede cittadini, associazioni, istituzioni, comitati ma anche pescatori e balneatori in prima linea.
Flash mob e azioni di protesta sono in programma oggi in diverse città che si affacciano sull’Adriatico tra le quali
Trieste, Caorle, Jesolo, Bibione, San Michele al Tagliamento, Rosolina, Ravenna, Ancona, Pescara, Polignano. Così come in contemporanea saranno organizzate iniziative in
Croazia, Albania, Montenegro e Bosnia Herzegovina. Tutti potranno partecipare alla protesta disegnando il proprio striscione per chiedere lo stop alle estrazioni di petrolio. Un appello rivolto anche al popolo social che potrà interagire con l’hashtag
#STOPseadrilling.
L’Adriatico, per le sue caratteristiche di “mare chiuso”, è un ecosistema molto importante e un ambiente estremamente fragile già messo a dura prova con
78 concessioni già attive per l’estrazione di gas e petrolio, 17 permessi di ricerca già rilasciati nell’area italiana e 29 in fase di rilascio in quella croata a cui si aggiungono 24 richieste avanzate per il tratto italiano, tutto questo per un’area di circa 55.595 kmq.
A queste dobbiamo aggiungere il via libera rilasciato ad inizio giugno dal nostro ministero dell’Ambiente a due compagnie per compiere prospezioni su oltre
45mila kmq nell’Adriatico italiano. Le quantità di idrocarburi in gioco, però, inciderebbero ben poco sull’economia e sull’indipendenza energetica dello Stato. Tutto il greggio presente sotto il mare italiano, stimato in circa 10 milioni di tonnellate, sarebbe infatti sufficiente, stando ai consumi attuali, al fabbisogno energetico di sole 8 settimane. La maggior parte del guadagno andrebbe a compagnie private. Gli eventuali e possibili danni ricadrebbero sulla collettività.Ma di questi fattori non sembra tener conto il governo italiano, come testimoniano
i dieci decreti di VIA positiva su altrettante richieste fatte in Adriatico da compagnie petrolifere, emanati dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali solo
da inizio giugno.
“La scelta di puntare su nuove attività di estrazioni di idrocarburi intrapresa da alcuni Paesi, Croazia e Italia in primis, è miope, di breve durata ed anacronistica - dichiara
Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente -. Scelte che sono in assoluto contrasto con ogni strategia contro i cambiamenti climatici e che mettono a rischio tutta l'economia sana della zona. Per questo riteniamo necessario un tavolo che coinvolga l’Italia, la Croazia e tutti i Paesi Costieri per ragionare su una scala più vasta, al di là dei limiti territoriali nazionali, su quale deve essere il futuro del Mar Adriatico, con le popolazioni locali, le associazioni ed i portatori di interessi a beneficio della collettività. Oggi abbiamo la possibilità di investire per un grande futuro per questo bacino che metta al centro la tutela della biodiversità marina, il rilancio dell’economia legata ad una pesca sostenibile e la promozione di una nuova idea di turismo legato al mare che faccia della sostenibilità ambientale il suo punto di forza”.
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