Due compagnie petrolifere a cui erano state assegnate sette delle
dieci aree di ricerca idrocarburi in Croazia hanno rinunciato alle concessioni. Si tratta dell’austriaca
OMV e della statunitense
Marathon Oil. La rinuncia è arrivata a pochi giorni dalla firma del contratto con il governo croato. Le altre tre licenze sono state concesse alla società pubblica croata Ina, all’ungherese Mol e al consorzio
tra l’italiana Eni e l’inglese Medoilgas (già attiva in Basilicata).
L’annuncio di questo clamoroso doppio abbandono è arrivato per voce del ministro croato dell’Economia, che l’anno scorso aveva avviato la corsa alle trivellazioni sul versante orientale del Mare Adriatico. La motivazione ufficiale è che non è stata ancora risolta la disputa sui confini marittimi tra Croazia e Montenegro. Ma
Greenpeace ritiene che le ragioni siano ben altre.
"Con il prezzo del petrolio in discesa e una rivolta contro le trivelle che ormai comprende non solo Croazia e Italia ma anche comunità e cittadini dei Paesi vicini (Austria, Slovenia, Ungheria e Slovacchia), evidentemente i petrolieri non se la sentono più di rischiare per due gocce di greggio", commenta Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia. "È bene che se ne renda conto anche il governo italiano, promuovendo una moratoria immediata delle trivellazioni nei nostri mari".
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