Su 266 campioni di acqua analizzati d
al laboratorio mobile di Goletta Verde, il 45% è risultato con cariche batteriche superiori ai limiti imposti dalla normativa. Si tratta di un punto inquinato ogni 62 km di costa.
Le differenti condizioni metereologiche riscontrate nei tratti di costa durante i campionamenti, i periodi in cui sono stati effettuati i prelievi e le caratteristiche morfologiche che variano di regione in regione, non consentono la realizzazione di una classifica nazionale.
Si distingue
la buona performance della Sardegna, con qualche criticità riscontrata solo in corrispondenza di foci di fiumi o canali. Poche le criticità riscontrate anche nelle regioni dell’alto adriatico (Veneto e Friuli Venezia Giulia), complice anche il periodo di campionamento (ad inizio giugno quindi a stagione balneare appena cominciata). Le situazioni maggiormente critiche si registrano, invece, ancora una volta
lungo le coste di Marche e Abruzzo, penalizzate anche dall’elevato numero di corsi d’acqua, canali e fossi che sfociano in mare. Situazione difficile anche
in Sicilia: su 26 punti monitorati ben 14 sono risultati inquinati o fortemente inquinati.
“L’inquinamento rilevato da Goletta Verde è causato essenzialmente da scarichi non depurati che attraverso fiumi, fossi e piccoli canali si riversano direttamente in mare – ha dichiarato Giorgio Zampetti responsabile Scientifico di Legambiente -. Una conseguenza diretta della mancanza di un trattamento di depurazione adeguato, che ancora riguarda il 42% degli scarichi fognari del nostro Paese. A conferma del deficit depurativo ci sono le due sentenze di condanna arrivate dalla Commissione europea rispettivamente nel 2012 e nel 2014, e il parere motivato del marzo 2015 relativo alla terza procedura d’infrazione aperta nei confronti del nostro Paese per il mancato rispetto della direttiva 91/271 sulla depurazione degli scarichi civili. Procedimenti che riguardano un agglomerato su tre. La grave inefficienza depurativa dell’Italia non rappresenta solo un danno all’ambiente ma anche all’economia: si stima, infatti, che le sanzioni UE siano pari 476 milioni di euro l'anno dal 2016 e fino al completamento delle opere”.
Sono 1.022, il 32% del totale, gli agglomerati coinvolti dai procedimenti europei. Le Regioni maggiormente interessate sono
la Campania, con l’81% degli agglomerati a livello regionale condannati o interessati in procedure d’infrazione, la Sicilia, con il 73% (rappresentando il numero assoluto più elevato con 244 agglomerati coinvolti) e la Calabria con il 62%. Le regioni costiere con il minor numero di agglomerati coinvolti sono il Veneto (17%), la Toscana (18%) e il Friuli Venezia Giulia (24%).
Il 50% dei punti inquinati
sono presso spiagge (quasi sempre libere) con un’alta affluenza di bagnanti, dove di fatto la balneazione è abituale. Dei 120 punti inquinati e fortemente inquinati secondo il giudizio di Goletta Verde, ben il 49% risulta non campionato dalle autorità competenti, cioè non sottoposto a nessun tipo di controllo sanitario. Addirittura il 38% dei punti scovati dai tecnici di Legambiente, nel
Portale delle Acque del Ministero della Salute risulterebbero balneabili, talvolta in classe eccellente. Forse perché il criterio principalmente utilizzato nel definire i punti di prelievo da parte delle autorità competenti è quello del “maggior afflusso” e quasi mai quello del “maggior rischio” (utilizzato dai tecnici di Goletta Verde) sebbene entrambi siano previsti dalla Direttiva.
Solo in 14 casi su 120, i punti campionati
risultano vietati alla balneazione dalle autorità preposte.
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