L’
abusivismo edilizio rappresenta un’autentica piaga nazionale; prospera indisturbato da decenni e non conosce crisi, nutrendosi di alibi e giustificazioni. Abbiamo occupato le coste, i letti dei fiumi, i pendii delle montagne, senza pensare, non solo al danno paesaggistico, ma nemmeno al pericolo di realizzare case, terrazze, alberghi, scuole, uffici in aree dove non si dovrebbe nemmeno piantare una tenda da campeggio. E se il 2013 è stato un anno ricco di demolizioni - anche molto importanti come gli scheletri di
Lido Rossello e di Scala dei turchi sulla costa agrigentina ad esempio, rimossi dopo vent’anni di battaglie legali - è stato anche un anno denso di tentativi per approvare in Parlamento un nuovo condono mascherato sotto le forme più diverse. Tra emendamenti e disegni di legge, Legambiente ne ha contati cinque. Ben 22 dal gennaio del 2010. Ma l’ultimo, il ddl Falanga è passato un mese fa al Senato con 189 sì, 61 no e 7 astenuti.
“I tentativi di fermare le ruspe delle Procure - ha dichiarato
Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente - affermano l’esigenza di salvare le case fuorilegge in nome di un presunto abusivismo di necessità. Ma questo ‘abusivismo della povera gente’ oggi esiste davvero? Se sì, dove e quante famiglie riguarda e perché non vengono aiutate con l’inserimento nelle graduatorie delle case popolari? Se la loro situazione è seria, e ancor più aggravata dal fatto di vivere in un edificio che deve essere demolito, i Comuni hanno l’obbligo di provvedere all’assegnazione in via prioritaria di un alloggio sociale. A meno che non si ammetta che dietro questo alibi si celano anche le ville di notai, farmacisti, avvocati, imprenditori, assessori comunali. Ed è difficile immaginare che costoro possano adattarsi alle case popolari”.
L’abusivismo edilizio, oltre a sfregiare il paesaggio, alimenta una vera e propria filiera del
cemento illegale (dalle cave, agli impianti di calcestruzzo, fino alle imprese edili), quindi a prezzo ridotto per il committente. Tutto è pagato in nero - i materiali, la manodopera, zero spese alla voce sicurezza del cantiere – e arricchisce in molti territori le casse dei clan. Nel settore è molto forte anche la connivenza delle pubbliche amministrazioni con la
criminalità organizzata.
L’analisi dei decreti di scioglimento delle amministrazioni locali condizionate dalla mafia restituisce un dato inequivocabile: l’81% dei Comuni sciolti in Campania dal 1991 a oggi, vede tra le motivazioni un diffuso abusivismo edilizio, casi ripetuti di speculazione immobiliare, pratiche di demolizione inevase.
Proprio la
Campania, con i suoi 175mila immobili abusivi, è la regione che vanta il primato nazionale per numero di reati legati al ciclo del cemento illegale nel 2012, con 875 infrazioni accertate dalle Forze dell’ordine nel 2012, il 13,9% del totale nazionale.
Per restituire al Paese i luoghi violati, eliminando manufatti che molto spesso sono rimasti delle incompiute, desolanti scheletri in cemento che da decenni sfregiano il paesaggio agricolo, alberghi e villaggi turistici illegali a picco sul mare, decine di migliaia di villette che hanno cancellato le spiagge più belle, Legambiente ha dato vita alla campagna Abbatti l’abuso (www.Legambiente.it/abbattilabuso) a cui hanno aderito Il Consiglio nazionale dei Geologi, il Consiglio nazionale degli Architetti, Libera e Avviso Pubblico.
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