Li dividono quasi cinquecento chilometri, ma i pescatori di Ancona e di Torre Guaceto stanno vivendo la stessa drammatica situazione: il mare, fino a pochi anni fa ricco di risorse, sta presentando il conto. Non ci sono più pesci né molluschi e così, per provare a salvare il loro mare e il loro lavoro, hanno deciso di fermarsi. Ad Ancona l’inizio della stagione è stato rinviato di un mese; all’interno dell’area marina protetta pugliese lo stop durerà un intero anno.
«Il mosciolo per Ancona non è soltanto un’economia importante e una tradizione in cucina: è una questione identitaria. Non c’è anconetano che non si sia immerso almeno una volta nella vita a pescare il mosciolo selvatico… E persino i tifosi della squadra di calcio, quando vanno in trasferta, cantando ricordano a tutti che noi ‘C’avemo i moscioli’». Eppure, racconta Roberto Rubegni, responsabile Slow Food del Presidio del Mosciolo selvatico di Portonovo, quei molluschi così speciali – speciali perché appunto selvatici e non coltivati – «stanno scomparendo». Le cause? L’aumento della temperatura del mare, che indebolisce il bisso (il filamento che tiene il mosciolo legato allo scoglio) fino a farlo distaccare, le poche piogge, che fanno sì che dal monte Conero arrivino in acqua pochi nutrienti, e l’eccessivo sfruttamento.
«Da due anni i pescatori denunciano la presenza di pochi moscioli – prosegue Rubegni –. Nel 2022 hanno chiuso la stagione a fine agosto, anziché a fine ottobre come previsto dal disciplinare, e la scorsa estate ancora prima. L’hanno fatto per cercare di salvare la stagione successiva, cioè quella che si sarebbe dovuta aprire il 15 maggio». Ma la misura adottata non è stata sufficiente: i molluschi sono pochi anche quest’anno, e così le due principali cooperative di pescatori attive nella zona (tra cui le tre barche di chi aderisce al Presidio Slow Food) hanno scelto di rinviare l’inizio della raccolta al 15 giugno. «Siamo preoccupati e per questo motivo già nei mesi scorsi, come Condotta Slow Food, abbiamo esortato il sindaco di Ancona ad aprire un tavolo, con partner scientifici come l’Università Politecnica delle Marche, l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche, il Cnr e Arpa, per indagare le cause del declino della popolazione di moscioli. Ma oltre agli aspetti scientifici – conclude Rubegni – pesa la pesca illegale, ovvero chi si immerge nelle acque del promontorio, preleva decine di chili se non quintali di molluschi, e li rivende attraverso canali poco limpidi. Temiamo che l’unica soluzione possa essere uno stop a lungo termine, come fatto a Torre Guaceto».
A Torre Guaceto per cinque anni non si è pescato: «Successe tra il 2000 e il 2005 – ricorda Marcello Longo, presidente di Slow Food Puglia –, periodo nel quale osservammo un incremento della popolazione ittica del 400%», un dato che si sarebbe poi attestato intorno al 250% con la ripresa dell’attività dei pescatori. Una pesca normata in maniera rigorosa: Torre Guaceto è un’area marina protetta, all’interno della quale possono operare soltanto un numero ristretto di barche autorizzate (sette, cioè quelle che aderiscono al Presidio Slow Food della piccola pesca di Torre Guaceto), un solo giorno alla settimana e soltanto nell’area più esterna. Eppure, la situazione è tornata critica. Il motivo lo ha messo nero su bianco il Consorzio di gestione di Torre Guaceto, l’ente che gestisce l’area protetta: la pesca illegale. “I pescatori di frodo hanno danneggiato l’importante lavoro condotto dall’ente di gestione e dai pescatori professionali” si legge sul sito della Riserva. Così, studi scientifici alla mano, si è deciso di fermare l’attività per un anno, fino a maggio 2025.
«Sono stati gli stessi pescatori del Presidio Slow Food, con un atto di responsabilità, a voler fermare la pesca» conclude Longo. Nel frattempo, per combattere la piaga della pesca di frodo, il Consorzio di gestione di Torre Guaceto ha installato un sistema di videosorveglianza che consentirà di allertare velocemente le forze dell’ordine nel caso in cui, nell’area protetta, dovessero entrare imbarcazioni non autorizzate. I pescatori artigianali, che per dodici mesi non potranno pescare, saranno invece coinvolti in un progetto (retribuito) di monitoraggio, per verificare l'efficacia del fermo pesca.
L’area protetta del brindisino non è soltanto un bacino di pesca da tutelare, ma anche un territorio interessante per la natura, la storia, l’architettura e la cultura, dove risuona la cultura pugliese dell’accoglienza. E per chi ha voglia di sperimentare il turismo lento, Torre Guaceto è uno degli itinerari di Slow Food Travel, dove incontrare comunità di cuochi, osti, guide esperte, contadini, pescatori, pastori, casari e artigiani che ogni giorno lavorano salvaguardando la biodiversità locale e offrendo ospitalità nelle botteghe, nei laboratori, nei campi e nei luoghi della loro vita quotidiana.
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Categorie: Ambiente
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